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"Fuocoammare", il regista Rosi: "Se perdo agli Oscar, non parlate di delusione"

LOS ANGELES. «Per favore non parlate di delusione. Se perdo domenica non sarà una delusione. Tutto questo è già un successo», Gianfranco Rosi bacchetta i giornalisti nell'incontro che precede la notte degli Oscar, in programma domenica, quando si saprà se Fuocoammare avrà ottenuto la statuetta per il miglior documentario. Insieme a lui c'è la produttrice del film Donatella Palermo, e Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa che da anni salva vite e esegue autopsie nell'isola della speranza e della tragedia continue: Lampedusa.

«È importante essere in America in questo momento - dice Bartolo - è importante essere riusciti a fare emergere in maniera potente questo che molti chiamano problema e che invece è un'opportunità. Un'opportunità di conoscenza, perchè è l'ignoranza che porta al razzismo. C'è molta gente buona al mondo, e spero che questo film abbia acceso un faro».

È difficile trattenere il fiume di parole del medico di Lampedusa, la sua passione contagiosa, la sua voce di tanto in tanto rotta dall'emozione. Gianfranco Rosi lo lascia parlare, interviene pochissimo. Ha già detto tutto del suo film, nell'ultimo anno, dall'Orso d'oro a Berlino ad oggi. Ora è il momento di Bartolo e della sua urgenza di fare conoscere al mondo il dramma che vive ogni giorno, ogni notte, nella sua piccola, bellissima isola in mezzo al Mediterraneo.

«Ho incontrato tanta gente buona e tante teste di cemento armato, perchè chi vuole costruire muri ha in testa solo cemento armato. Ma le persone buone sono la maggioranza, quando conoscono, quando spieghi, allora capiscono. Gianfranco Rosi è stato il mio genio della lampada, ho trovato la lampada, l'ho strofinata ed è uscito lui, che mi ha permesso di far conoscere, di spiegare. Di portare questo messaggio in tutto il mondo».

Bartolo ha raccontato la sua storia, il suo lavoro quotidiano sul molo Favaloro, dove arrivano i gommoni. Ha raccontato gli incubi notturni che quell'enorme carico, fisico e psicologico, gli creano: «Ho un patto con mia moglie: li sogno spesso, soprattutto un bambino, quando tremo lei mi sveglia».

Ha raccontato tutto in un libro, Lacrime di sale, edito da Mondadori.

Ha raccontato di quel padre che ha nuotato per ore cercando di non fare affogare la sua famiglia e poi, stremato, è stato costretto a scegliere se lasciare andare il figlio di tre anni o la moglie con l'altro bimbo di 18 mesi. Ha raccontato di quella madre che ha lasciato 7 figli alla nonna per andare lontano, trovare lavoro e sfamarli.

«Aveva una paresi a seguito di un parto, che disperazione deve esserci in una donna paralizzata per fare una scelta del genere, per affrontare un viaggio così? Li chiamano migranti economici e contano meno. Come se morire di fame fosse meno drammatico che morire di guerra. Li chiamano clandestini, anche se hanno 2 giorni e sono nati sul gommone. Parlano di invasione. L'invasione ce l'ha Salvini, nel cervello».

Fuocoammare è nato da una penna di memoria digitale piena di immagini crude. Bartolo l'ha data a Rosi e Rosi dopo aver visto quelle immagini ha deciso di raccontare:

«Ma avevo bisogno che le emozioni che Bartolo mi ha dato venissero trasmesse al pubblico, così è nata la parte del film che vede il medico davanti al computer, a spiegare».

Mare Nostrum, spiega Bartolo ha peggiorato le cose:

«Prima le barche arrivavano in porto e queste persone erano relativamente al sicuro, ora i viaggi in gommone uccidono molte più persone, quei gommoni si trasformano in camere a gas».

E il parallelismo con il recente passato, con altre camere a gas diventa fin troppo facile:

«Voglio vedere se fra qualche anno diremo che non sapevano. Ora tutti sanno, ora non ci sono scuse».

Ora tutti sanno anche perchè Fuocoammare è stato comprato in 64 paesi, ha partecipato a 50 festival.

«Quindi abbiamo già vinto, per cui, per favore qualsiasi cosa succeda domenica, non parlate di delusione».

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