CALTANISSETTA. E' bastata l'indiscrezione, non confermata nè smentita, che Antonello Montante, delegato nazionale per la legalità di Confindustria, sarebbe indagato per mafia dalla Procura di Caltanissetta per far piombare nell'incubo gli industriali in Sicilia.
Proprio il loro leader, diventato simbolo dell'antimafia per avere ricostruito dalle macerie di scandali e inchieste l'associazione nel nome della lotta al racket delle estorsioni, adesso sarebbe accusato da tre pentiti di frequentazioni pericolose con ambienti mafiosi: uno di questi collaboratori di giustizia sarebbe Salvatore Dario Di Francesco, arrestato un anno fa. Non solo. Anche la Procura di Catania avrebbe aperto una inchiesta sulla base di un esposto.
Per Montante, che non ha ricevuto alcun avviso di garanzia, si tratta di una operazione di "diffamazione", che arriva pochi giorni dopo la decisione del ministero dell'Interno di assegnargli un incarico nell'Agenzia per i beni confiscati alla mafia.
"Sorpreso dalle anticipazioni a mezzo stampa che riguardano Antonello Montante, che ha deciso da tempo di schierarsi nella lotta contro la mafia, rischiando in prima persona", il leader nazionale di Confindustria, Giorgio Squinzi.
Montante preferisce per il momento non commentare, ma ricorda "le parole profetiche pronunciate appena qualche giorno fa dal presidente della Corte d'Appello di Caltanissetta, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario", che, "ha parlato di 'attacchi contro i nuovi vertici confindustriali siciliani e nisseni, spesso aggrediti attraverso il metodo subdolo della diffamazione e del discredito mediatico, e l'accentuata campagna di delegittimazione condotta a tutto campo contro vari protagonisti dell'antimafia operativa, mirati a riprodurre una strategia della tensione che potrebbe tradursi in azioni eclatanti".
Tra gli artefici del codice etico di Confindustria, redatto otto anni fa proprio a Caltanissetta che prevede l'espulsione dall'associazione degli imprenditori che non denunciano le richieste di pizzo, Montante da un decennio è in prima linea nelle campagne contro le illegalità, a lui si deve anche la proposta del rating antimafia per premiare le imprese sane. Forte il suo legame con un altro simbolo dell'imprenditoria antimafia Ivan Lo Bello, con il governatore della Sicilia Rosario Crocetta, che nella sua squadra ha un ex funzionaria proprio della Confindustria nissena, l'assessore alle attività produttive Linda Vancheri, e col senatore del Pd Beppe Lumia. E se il M5s chiede a Montante di dimettersi dall'Agenzia per i beni confiscati, il governatore Crocetta fa sfoggio di garantismo: "Montante lo conosco come persona che ha lottato e lotta contro la mafia, aspettiamo serenamente cosa dirà la magistratura, al momento si tratta di indiscrezioni: non sappiamo nulla".
Il governatore si sofferma sulla vicenda, già emersa nei mesi scorsi e che sarebbe anche oggetto dell'indagine, che riguarda il compare di nozze di Montante, Vincenzo Arnone (a sua volta compare di nozze del pentito Di Francesco), all'epoca incensurato, ma poi divenuto boss di Serradifalco, e figlio di Paolino Arnone, storico padrino morto suicida in carcere.
Dice Crocetta: "Montante all'epoca aveva 17 anni, cosa doveva capirne di mafia; allora qualunque siciliano che abbia avuto un vicino di casa o un compagno di scuola mafioso può essere indagato? Basta questo per essere accusati?".
Il pentito Di Francesco avrebbe parlato di appalti pilotati tra il 1999 e il 2004 nell'Area di sviluppo industriale di Caltanissetta, dove prestava servizio. In quel periodo a capo della Confindustria nissena c'era Pietro Di Vincenzo, poi arrestato per mafia, contro cui si scagliò il gruppo di giovani industriali, tra cui proprio Montante.
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