PALERMO. «Prima della Finanziaria e del bilancio dobbiamo approvare riforme che mettano ordine alla burocrazia, agli esuberi di personale e che permettano di ridurre le spese. Sì, possiamo andare all’esercizio provvisorio in attesa di trovare l’equilibrio. Ma nessuno pensi che tutto possa rimanere come è oggi, sarebbe la fine della Sicilia. Sia chiaro anche a chi vuole fare opposizione: ci saranno momenti difficili ma non si può cavalcare il malcontento. Il consenso si costruisce attivando piani di risanamento e bilancio»: Palazzo d’Orleans, ore 15, Rosario Crocetta ha appena completato la mappa delle deleghe agli assessori e traccia la rotta di breve periodo del nuovo governo. E gli avvisi ai naviganti sono tanti.
Assegnate le deleghe, si parte. Qual è la prima legge che porterà all’Ars?
«Io credo che la riforma delle Province debba avere la priorità. Poi in un paio di settimane si potrà fare anche la riforma della Formazione professionale e probabilmente pure quelle che riguardano forestali e burocrazia regionale».
Andiamo con ordine. Sulla riforma delle Province ci sono due testi paralleli. Quello del governo e quello dell’Ars promosso dal presidente Ardizzone per recepire la legge nazionale. Quale andrà avanti?
«Il testo messo a punto dal governo recepisce già la legge nazionale scritta da Delrio. L’unica differenza è sulle città metropolitane: con la norma nazionale ce ne sarebbe una sola noi abbiamo invece previsto di creare pure quelle di Messina e Catania. E poi il nostro testo permetterebbe aggregazioni di Comuni più omogenee. La norma nazionale mette insieme, per esempio, Godrano e Petralia con Palermo. Che senso ha?».
La riforma della Formazione è stata scritta da Nelli Scilabra, poi sacrificata sull’altare dell’accordo nella maggioranza. Il testo verrà modificato?
«Intanto ribadisco che è una lege fondamentale che si può approvare in due settimane, dopo le Province. Il testo a mio avviso non va modificato perchè è stato discusso con tutti gli attori del sistema. L’aula è padrona di votarlo o meno ma è un testo che può essere migliorato, non peggiorato».
Ha parlato di una riorganizzazione della macchina burocratica. Come pensa di muoversi?
«Ai dirigenti regionali, che sono troppi, non possiamo certo tagliare la testa ma possiamo prepensionarli e ridurne il numero tagliando le unità di base a cui sono destinati. Giusto per capirci: con i prepensionamenti alla Regione risparmieremmo 40 milioni in 3 anni e tagliando almeno 700 postazioni dirigenziali, che assicurano indennità extra anche da 15 mila euro, possiamo risparmiare 10 milioni all’anno. Ma possiamo introdurre prepensionamenti anche nelle partecipate e fra i forestali. Solo che per i dirigenti possiamo fare da soli con una nostra legge, per tutti gli altri settori serve un accordo con lo Stato».
Nella formazione sta prendendo piede il contratto di solidarietà: davanti a tagli dei finanziamenti enti e sindacati hanno preferito ridurre le retribuzioni piuttosto che optare per licenziamenti. È una strada replicabile in altri settori in crisi?
«Se si parla di provvedimenti a tempo, in attesa di prepensionamenti e trasferimenti in settori più produttivi, può essere una soluzione che consente di evitare licenziamenti. Qualche mese di contratto di solidarietà non è una tragedia. Ma noi stiamo concordando con Roma un pacchetto di misure che punta su esodi incentivati, prepensionamenti, ammortizzatori sociali. Così evitiamo misure impopolari. Anche perchè è facile dire ”la Regione licenzi”, poi se andiamo a controllare è una scelta che non fanno neppure le imprese che invece ricorrono proprio a queste misure alternative».
E sui forestali, cosa prevedete?
«Oltre ad alleggerire i contingenti, bisogna riorganizzare la loro attività. Verranno impiegati sempre di più nella prevenzione del dissesto idrogeologico utilizzando i fondi europei per investimenti».
Sono misure che avete concordato con Roma durante questa fase che ha portato al nuovo governo?
«No, queste sono cose che chiedo io. E da tempo».
E Roma cosa le ha chiesto?
«Il governo nazionale ci chiede un piano serio di risparmi e di andare avanti con politiche di rigore. E noi siamo pronti a fare tutto quello che ho detto, più il testo unico delle attività produttive».
Ha citato almeno quattro riforme che hanno la priorità. Non ha parlato di bilancio e Finanziaria, di cui ancora non c’è neppure una bozza. Significa che si andrà all’esercizio provvisorio?
«Si potrebbe anche ricorrere all’esercizio provvisorio se ciò servisse ad approvare prima queste riforme e avere dunque un quadro più chiaro sui risparmi da inserire nella manovra».
Si dice che il deficit del 2015 si aggira fra il miliardo e mezzo e i tre miliardi. Lei che tipo di aiuto si attende dallo Stato?
«Mi aspetto che ci diano la possibilità di spalmare alcune misure su più anni. Penso al fondo rischi per i residui attivi e che non veniamo obbligati a reinvestire i risparmi che stanno maturando nella sanità. Il resto lo faremo noi. Il fatto che abbiamo presentato progetti seri di riduzione della spesa e di accelerazione nell’investimento dei fondi europei ci ha dato credibilità. Ora dobbiamo mantenere questa fiducia. E per questo dico all’opposizione che deve recuperare la capacità di confrontarsi, altrimenti perde un’occasione storica. Sbaglierebbe a cavalcare il malcontento, si farebbe strumento di salvaguardia di parassitismi. E chi vuole perseguire questa logica è destinato a essere residuale nell’evoluzione politica».
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