PALERMO. «Fatte 'na pizza c'a pummarola 'ncoppa, vedrai che il mondo poi ti sorriderà». A cantare era Pino Daniele. Come dargli torto? Vero è che, quando si nomina il termine pizza, si cade nella più antica tradizione italiana, sintesi di valore gastronomico e identità culinaria. «È al centro delle tavole siciliane con consapevolezza sempre più arguta», dice Giuseppe D’Angelo, delegato Regione Sicilia del team Robbie School. «È più venduta della carne. Ma tutto dipende dalla qualità. Pomodori italiani, mozzarella con fermenti lattici vivi, farine altamente proteiche rendono l’alimento eccezionale». La gente comincia a formarsi e ad essere sempre più attenta.
«Se c’è un cibo che rispecchia le abitudini alimentari del passato, del presente e del futuro, questo si chiama pizza. In un’apparente contraddizione, c’è tutta la valenza di questa pietanza, che da Napoli ha saputo scalare gerarchie sociali, diventando punto di incontro di culture alimentari, fatto di costume e fenomeno economico». A dirlo, Giovanni Mento, presidente nazionale della Federazione italiana pizzaioli nel mondo con sede a Messina. «Quello che fa della pizza un piatto eccezionale è la qualità degli ingredienti. La scelta delle farine, della mozzarella buona o del primo sale e dell’olio». E ovviamente tutto il processo di maturazione e lievitazione dell’impasto.
Salvaguardare questo ruolo, in tutte le sue fasi, significa tutelare uno stile di vita, quello italiano, ma anche quello siciliano. Perché quello che sta emergendo, oltre all’attenzione per la qualità, è una pizza «regionale». L’unicità del piatto sta nel fatto che la pizza «potrà essere per esempio mangiata solo in Sicilia perché nella farcitura viene rielaborata una ricetta tradizionale», divenendo un simbolo della singola regione. «La pizza, inoltre, possiede tutte le caratteristiche salutari della dieta mediterranea, così apprezzata negli ultimi anni e portata a modello di equilibrio alimentare», ponendosi come il primo fast food di un’Italia che non vuole rinunciare alla genuinità.
«In Italia la pizza è un prodotto genuino, artigianale, di qualità, fatto da pizzaioli professionisti che seguono una tradizione centenaria». Mani esperte e giusto studio di ingredienti e processi. «Solo così si può trasmettere la cultura della pizza, per tanto tempo dimenticata. Anche dai siciliani», dice Maurizio Artusi, enogastronomo siciliano. «Si assiste lentamente all’acculturazione della gente nei confronti di questo meraviglioso alimento», dice soddisfatto Antonio Cottone, titolare della pizzeria La Braciera di Palermo che, nel menu mette a disposizione del cliente più di 8 impasti diversi. Dal farro al blend di farine integrali biologiche siciliane a quello di kamut o khorasan, o ancora quello ai 6 cereali.
«Difendo questo lavoro da chi non lo fa con attenzione. Maturazione e lievitazione lenta portano ad avere un prodotto leggero ed altamente digeribile, esattamente come la pizza dovrebbe essere». Ma i tempi attuali favoriscono la formazione e lo studio? «Direi che stiamo attraversando una fase storica di grande informazione», ci dice Robbie Pezzuol, presidente nazionale dell’associazione Don Robbie Pizza Team di Rimini. «I pizzaioli, rispettando le tradizioni regionali, stanno rincorrendo la voglia di migliorarsi. Soprattutto i giovani. Le intolleranze, la celiachia ha costretto ad avere più attenzione».
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