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È il tempo delle mandorle Quelle siciliane amate all’estero

Tra le varietà spicca la Pizzuta di Avola, ideale per confetteria e preparazione dei dolci. Molto vendute nell’Isola anche la Romana e il Fascionello

RAGUSA. Valorizzare il nostro antico patrimonio varietale di mandorle per competere sul mercato con i grandi esportatori come la California: la Sicilia possiede una ricchezza trascurata in questi anni. Ne è convinto Corrado Bellia, direttore del Consorzio di tutela della mandorla di Avola e portavoce del Coordinamento mandorlicolo siciliano. «L'Italia, che tanti anni fa era il primo produttore del mondo, è scivolata tra gli ultimi posti rivestendo un ruolo marginale. Il mercato è tutto nelle mani della California, che produce il 85% delle mandorle commercializzate nel mondo». I prodotti americani sono belli, regolari, tutti uguali, ma scadenti dal punto di vista organolettico. Ed ecco il punto debole. Le varietà coltivate in California hanno poco sapore, scarso profumo e sono a guscio tenero, un grave inconveniente in quanto non sigillando bene il seme non lo proteggono dai parassiti. Da qui i continui trattamenti antiparassitari. «È proprio su questo punto che bisogna lavorare, è proprio dalla valorizzazione delle cultivar locali che bisogna ripartire - spiega sempre Bellia - in quanto le mandorle siciliane possiedono delle caratteristiche aromatiche di pregio che di gran lunga superano quelle californiane».
Tra tutte le varietà spicca la Pizzuta di Avola, la più elegante tra tutte le mandorle. Dallo spiccato aroma di caseina, è ricca di oli essenziali. Piattissima, ovoidale e regolare, è perfetta per la confetteria e per la preparazione dei dolci siciliani. Pur non elegante come la Pizzuta, anche la varietà del Fascionello è molto utilizzata nell'industria confettiera. Rispetto alla Pizzuta, però, il Fascionello ha un patrimonio aromatico meno interessante. E poi vi è la Romana, di forma più tonda, che sa di vaniglia, con un retrogusto mielato, molto più dolce ma meno elegante, dalla forma meno regolare e proprio per questo usata per i dolci e non per le decorazioni. «Attualmente un chilo di mandorla siciliana in guscio è pagata al produttore da 0,60 a 0,70 euro. Il prezzo della mandorla di Avola in guscio, invece, è pagata al produttore 1,70-1,80 euro - spiega Bellia -. Si tratta in entrambi i casi di prezzi bassi rispetto alle necessità dei produttori, che subiscono da diversi decenni la concorrenza delle produzioni straniere, soprattutto californiane».
Eppure negli ultimi anni si sta assistendo ad un certo interesse da parte dei mercati esteri verso la mandorla siciliana. «I mercati orientali - ricorda il portavoce del Coordinamento Mandorlicolo siciliano - il Giappone in primo luogo. Anche quello degli Usa sembra dimostrare interesse per il prodotto siciliano, per le differenze qualitative con la produzione californiana. Ma il mercato che sta dando maggiore segnali di interesse, specie nei settori della pasticceria e del consumo dietetico è quello italiano». Futuro roseo? «Ne sono convinto - dichiara Bellia - per tre motivi. Il primo è che la produzione e il consumo mondiale di mandorla è in costante e consistente crescita. Il secondo è dato dalla superiore qualità della nostra produzione, che non teme confronti sul piano qualitativo e nutraceutico. Da parte dei consumatori è in costante crescita l'interesse alle diete equilibrate e salutistiche e la mandorla è ormai entrata di diritto nelle indicazioni di nutrizionisti di tutto il mondo. Il terzo è legato alla relativa economicità della produzione mandorlicola rispetto alle altre produzioni».

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