L’hanno preso in Germania, 48 ore dopo essere fuggito pur sapendo senza ombra di dubbio di aver investito e ucciso con il suo camion Davide Rebellin, visto che era sceso dal mezzo e lo aveva visto in terra agonizzante.
È un 62enne tedesco il camionista-pirata responsabile della morte dell’ex campione di ciclismo: lo cercavano le forze di polizia di mezza Europa e alla fine è stato individuato e denunciato grazie alla collaborazione avviata dai carabinieri di Vicenza con la polizia tedesca, il Servizio di cooperazione internazionale di Polizia (Scip) e l’Interpol. Per arrivare a intercettarlo è stato importante anche il lavoro svolto dai militari con l’Agenzia delle Entrate e con i Centri di cooperazione di polizia di Italia, Austria e Slovenia: l'incrocio delle informazioni ha consentito di accertare che il camion Volvo su cui viaggiava il 62enne era di proprietà di una ditta di spedizioni tedesca, con sede a Recke, e che l’autista aveva effettuato un carico nel primo pomeriggio del 30 novembre presso una ditta con sede nell’Interporto di Verona. Dunque, dopo aver provocato l’incidente ed essersi disinteressato della sorte di Rebellin.
Gli investigatori hanno ricostruito che il titolare della ditta è il fratello del 62enne, che oggi è stato dunque denunciato a piede libero. Nessun fermo, perché il codice penale in Germania non prevede il reato di omicidio stradale. Ma quello italiano sì e dunque il suo nome finirà ora nel registro degli indagati della Procura di Vicenza. Alla magistratura italiana dovrà rispondere dell’ipotesi di omicidio stradale e fuga senza prestare soccorso.
Nelle prime fasi delle indagini si era parlato di una ricerca affannosa degli investigatori nelle immagini delle telecamere di sicurezza, per cercare i camion passati sulla rotonda maledetta intorno a mezzogiorno del 30 novembre, l’ora dell’incidente. In realtà, i carabinieri sapevano fin da subito quale fosse il camion e dunque la nazionalità del conducente. Il 62enne tedesco, infatti, non solo sapeva di aver agganciato con il fianco del mezzo pesante la bicicletta di Rebellin: si era addirittura fermato, era sceso dalla cabina di guida e si era avvicinato al corpo a terra. E poi era ripartito subito, cercando di far perdere le sue tracce. Fondamentali sono stati alcuni testimoni oculari, che ai carabinieri di Vicenza hanno raccontato tutta la sequenza. Fornendo anche alcune fotografie dell’investitore. Ritratti che combaciavano perfettamente con le foto sulla patente di guida del camionista, trovate nei documenti della ditta di spedizioni di Recke. Il titolare ha collaborato con le autorità, spiegando che il fratello aveva fatto ritorno in Germania dapprima in direzione Berlino, poi successivamente a Recke, in Renania Settentrionale-Westfalia.
E non è la prima volta che il 62enne si rende protagonista di un incidente in Italia, tanto che il suo certificato penale è tutt'altro che immacolato. Nel 2001, ventun anni fa, era stato condannato a Foggia per essere fuggito - anche in quell'occasione - dopo un incidente senza prestare soccorso alle persone coinvolte. Pena patteggiata con il giudice monocratico, e dichiarata estinta, per il troppo tempo trascorso dall’episodio. Un’altra «macchia» nella carriera professionale dell’uomo la si trova otto anni fa, nel 2014, sempre in Italia. La aveva fermato la polizia di Chieti e gli aveva ritirato la patente per guida in stato di ebbrezza.
Soddisfatto per la soluzione del caso il colonnello Giuseppe Moscati, comandante provinciale dei carabinieri di Vicenza. «Nelle immediatezze del fatto - ha spiegato - è stato attivato uno strutturato e capillare sistema di ricerche sia in Italia, attraverso il coordinamento di tutte le centrali operative in sinergia con le altre forze dell’ordine, sia, una volta acclarata l’origine del sospettato, all’estero, mediante i canali Interpol, di cooperazione internazionale. Ne è derivata una minuziosa ricostruzione dei successivi spostamenti del cittadino tedesco, in viaggio verso il paese di origine». Poi una considerazione: «Non sappiamo se ciò basterà ad alleviare il dolore che sta attraversando la comunità locale e italiana - aggiunge l’ufficiale - ma rivolgo il ringraziamento a tutti coloro i quali, dalle istituzioni alla gente comune, hanno sostenuto i carabinieri nelle ricerche».
Nel video il colonnello Giuseppe Moscati, comandante provinciale dei carabinieri a Vicenza, spiega come si sono svolte le indagini.
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