FIRENZE. Il sarto Antonio Conte fa i vestiti con la stoffa che ha. E confessa di sapere benissimo che sarebbe giudicato un fallimento, se il suo abito azzurro non fosse di successo. «Si fanno tanti discorsi sulla crisi del calcio italiano, sui tanti stranieri e i pochi giovani a disposizione: ma poi quando gioca la nazionale è obbligata a vincere. Ci si dimentica tutto e ogni mancata vittoria è un fallimento», dice alla vigilia di Italia-Malta.
L'avversario di stasera, alla ripresa della corsa verso Euro 2016 dopo la pausa estiva, non è il più indicato per discorsi da scenari ampi. L'obbligo di vittoria va da sè, vista la differenza tecnica. Eppure dopo un 2014 da luna di miele, il fuoco dentro della nazionale di Conte si è affievolito e il
2015 sta scivolando via senza finora neanche una vittoria.
Riempire la casella vuota stasera e poi bissare domenica a Palermo contro la Bulgaria potrebbe rendere matematica la qualificazione; fatti salvi incroci favorevoli con i risultati di Croazia (cui va tolto un punto per la svastica di Spalato, in attesa del ricorso all'Uefa) e soprattutto della Norvegia che ora insidia il secondo posto azzurro.
«Non guardo troppo avanti, ma ai tre punti di stasera: sarebbero preziosissimi per una qualificazione che al momento nessuno ha ancora in tasca», ricorda Conte. Gli ostacoli, sono presto detti. Malta si preannuncia come avversario barricadero («all'andata ci fece soffrire, ma colpimmo cinque pali»): sarebbe davvero una beffa se a dar fastidio all'Italia fosse l'attaccante Effiong, un nigeriano adottato dall'isola che sta al centro di tutte le rotte di migranti del Mediterraneo. Firenze invece non promette tifo bollente neanche con la presenza di Renzi in città per una bilaterale con Malta, ma non allo stadio, vista l'attuale agenda del premier; sull'atmosfera peseranno forse le trascorse rivalità con lo juventino Conte. «Ma io non ci credo, altrimenti la Federcalcio mi dovrebbe far causa per ogni biglietto non venduto...», ha scherzato il ct a Sky. In fondo poi Conte sa che il vero avversario ce l'ha in casa.
«Quando giocavo io, in nazionale eravamo tutti titolari: ora i tempi sono cambiati...», dice amaro. «Dobbiamo adeguarci», la conclusione che richiama l'autodefinizione di «sarto che fa il vestito con la stoffa che ha».
Chiarito una volta per tutto il suo messaggio alla tante riserve italiane nei club poi chiamate in azzurro («non ho mai detto che devono giocare dal primo all'ultimo minuto per non perdere la nazionale: certo, 5' ogni tanto non possono bastare...»), spunta su tutti l'esempio Marco Verratti. Il centrocampista arrivato in azzurro «senza mai aver giocato 1' in A», come ricorda lui stesso, ora è cresciuto al Psg. E stasera potrebbe esser lanciato in un centrocampo inedito con l'"americano" Pirlo.
"Per me il ruolo naturale di Verratti è interno di centrocampo, non centrale - la spiegazione di Conte, che ha sorriso a chi gli chiedeva se i due staranno insieme in campo, dopo averlo fatto in questi due giorni di preparazione - E guardate cosa è ora, dopo aver giocato a Parigi: un giocatore
molto diverso. Sta maturando, è completo nella fase difensiva e offensiva. D'altra parte, anche Zaza quando giocava nel Sassuolo è cresciuto, o Immobile quando era titolare nel Torino".
A ben vedere, nell'11 previsto in partenza domani gli unici titolari dei club sono 'stranieri' (Darmian, Verratti, Pellè) o naturalizzati (Eder), eccezion fatta per gli juventini. Nessuna sorpresa dunque se il leader sarà ancora Pirlo ("36 anni? Finchè avrà questa voglia, avrà sempre spazio in azzurro"), uno che per trovare stimoli ha cercato un nuovo mondo.
In azzurro la novità sarà la maglia, visto che stasera la nazionale vestirà la nuova divisa da trasferta bianca con la striscia tricolore davanti. Per il resto, stranieri o giovani che siano, l'obbligo di vittoria è sempre lo stesso.
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