Nel 2020 sono nati 125 mila bambini in meno rispetto al 2002. Secondo le ultime elaborazioni dell'Istat, il numero medio di figli per donna è sceso a 1,17, superando il picco storico di 1,19 che si era registrato nel 1995. “Sono numeri preoccupanti – spiega Annalisa Busetta, demografa e docente di Demografia del dipartimento di Scienze economiche aziendali e statistiche dell'Università degli studi di Palermo - perché la popolazione rimanga stabile ogni donna dovrebbe fare in media due figli, andando avanti così i potenziali genitori del futuro saranno sempre di meno”.
La mancanza di madri e la bassa fecondità: sono queste le principali cause di un fenomeno ormai in atto da decenni, ulteriormente aggravato dalla pandemia. Si tratta di un fenomeno di rilievo, in parte dovuto agli effetti strutturali indotti dalle significative modificazioni della popolazione femminile in età feconda, convenzionalmente fissata tra i 15 e i 49 anni. In questa fascia di popolazione le donne italiane sono sempre meno numerose. A questo fattore, si aggiunge la lenta transizione allo stato adulto, caratterizzato da una consistente difficoltà delle giovani generazioni nell'inserimento del mondo del lavoro e nel raggiungimento di una stabilità economica precoce.
“L'Italia è famosa nel mondo per la sua lenta transizione allo stato adulto – spiega la demografa – i giovani italiani escono dalla famiglia più tardi, completano gli studi e riescono ad inserirsi nel mercato del lavoro più lentamente. Aspettano molto di più, rispetto ai loro coetanei europei, per riuscire ad ottenere una posizione lavorativa stabile”.
Il calo delle nascite sta coinvolgendo in modo netto soprattutto il Sud. Ai primi posti nella classifica della denatalità, ben due comuni sono siciliani. Enna, che nel 2020 contava 6,4 nati ogni mille abitanti, è al sesto posto in Italia e registra un abbassamento della natalità del 35,4% rispetto al 2002; Caltanissetta, che nel 2020 contata 7,2 nati ogni mille abitanti, è al dodicesimo posto con un calo demografico del 33,9% rispetto 20 anni fa.
“Tutto quello che avviene nel resto del paese da noi viene ulteriormente amplificato – spiega la docente di Demografia - c'è l'effetto strutturale legato alla mancanza delle madri, da noi amplificato anche dalla mancata componente straniera, che c'è ma più ridotta, e dalla emigrazione interna che va ad assottigliare ulteriormente la generazione in età riproduttiva”. La transizione allo stato adulto, tra l'altro, nell'Isola è ancora più lenta: “Le difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro sono maggiori e la possibilità di conciliare il lavoro con la famiglia è resa ardua dalla mancanza di asili nido, di servizi dell'infanzia e di orari prolungati, spazi nelle scuole”.
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