«Quando ho ascoltato per la prima volta il testo, scritto dal bravissimo Fabio Ilacqua, mi sono detto “questo sono io”, ho pensato parlasse di me. Anche io, tredicenne, mi sono perso a guardare il mare dal ponte di una gigantesca nave che mi portava in America, quel mare immenso che si fondeva con il cielo, che sembrava infinito, e che mi stava portando verso una vita nuova, una realtà diversa da quella che vissuta fino ad allora. Andavo a cantare come spalla di Sergio Bruni, ho rivisto mia madre e mio padre che mi salutavano sulla banchina e io che partivo verso l’America e verso un’altra speranza». Chi ricorda è Massimo Ranieri, protagonista a Sanremo con Lettera di là dal mare: in un’intervista a la Repubblica dice che è difficile non pensare all’attualità: anzi, «impossibile», perché «noi troppo spesso dimentichiamo la nostra storia, ma dimentichiamo anche che per tutti quelli che affrontano il mare, oggi, l’America siamo noi, la speranza di un’altra vita è legata all’arrivare sulle nostre coste». La classifica generale stilata sulla base del voto delle sale stampa (giornali cartacei, web, tv e radio) lo colloca al momento all'ottavo posto, dentro la Top Ten del festival. Ma da qui a sabato tutto può succedere per un fuoriclasse che Sanremo l'ha già vinto nel 1988 con Perdere l'amore. «Era importante portare una bella canzone - conclude Massimo Ranieri -, qualcosa in cui mi riconosco e che mi rappresenta. Poi per la canzone sarà importante quello che accadrà dopo il Festival, quando inizierà la promozione e ci sarà modo di presentarla meglio. Qui siamo in tanti, venticinque, l’attenzione del pubblico è limitata a qualche minuto. Ma è importante esserci».