ROMA. Addio ad Alessandro Alessandroni, indimenticabile «fischio» western in tante colonne sonore dei film di Leone, firmate da Ennio Morricone, ma anche di Lo Chiamavano Trinità, il film che ha lanciato Terence Hill, fino alla collaborazione, in anni più recenti, anche con Jovanotti. Compositore anche lui di tante colonne sonore, direttore d’orchestra e arrangiatore, Alessandroni, aveva 92 anni. A dare l'annuncio della scomparsa è la casa editrice Tsunami Edizioni, che stava lavorando ad una sua biografia (uscirà a giugno) scritta da Francesco Bracci ("Un fischio da leone. Vita e musica di Alessandro Alessandroni Dalla dolce vita, al western, all’Africa"). «E' stato uno dei più originali e poliedrici musicisti della sua generazione», sottolineano commossi l'editore e lo staff editoriale. Romano, classe 1925, Alessandroni, dotato anche di una buona voce è stato tra l’altro corista per i 2+2 di Nora Orlandi nonché fondatore e anima del gruppo I cantori moderni. A soprannominarlo 'Il fischio' pare sia stato Federico Fellini, ma a scoprire il suo particolare talento era stato incidentalmente Nino Rota, che subito dopo il diploma al Conservatorio lo aveva scritturato come chitarrista nella sua orchestra. La collaborazione più nota rimane quella con Morricone (è suo il fischio di Per un pugno di dollari, ma collabora anche per la colonna sonora di Per Qualche dollaro in più e Il buono, il brutto, il cattivo e poi negli anni 80 per Un sacco bello di Carlo Verdone) ma negli anni Alessandroni ha prestato il suo fischio anche per altre colonne sonore di grande popolarità, da Lo Chiamavano Trinità, firmata nel 1970 da Franco Micalizzi, a La Ragazza con la pistola, con Monica Vitti, fino alla collaborazione del 2011 con Jovanotti per Quando sarò vecchio, una delle canzoni dell’album 'Ora'. Negli ultimi anni trascorreva una parte dell’anno, con la moglie, in Namibia ("Li c'è una gran pace"). Elegante e gentile, il viso snello incorniciato da una folta criniera di capelli bianchi, ha suonato fino all’ultimo l’amata chitarra. «Suonare, per me è ossigeno», spiegava qualche anno fa in un’intervista. Del passato nessun rimpianto: «sono stato fortunato, ho lavorato con Berio, ho fischiato persino in un’opera di Donizetti, è stato incredibile».