ROMA. «Un disco in solitudine, un disco essenziale nato per sottrazione in due mesi, un disco voce e chitarra, lontano dalle logiche di mercato, di quelli che devi fare almeno una volta nella vita (e non sempre sono i più fortunati) e che io ho deciso di fare ora, nel momento forse più alto della mia carriera dopo l'esperienza con Daniele Silvestri e Max Gazzè».
Niccolò Fabi, reduce dal trio con i due amici che lo ha reso più consapevole della sua identità artistica, racconta così il nuovo progetto discografico, Una somma di piccole cose, l'album di inediti che esce domani per Universal Music e scritto, suonato e registrato nelle campagne romane: uno dei più intensi che abbia dato alle stampe, nove piccole stelle luminose che danno nuova linfa alla vena poetica e compositiva del cantautore romano.
«È un disco 'piccolo' se confrontato all'esperienza del trio, ma in parte nasce da lì. Dal fatto che ognuno di noi tre ha potuto mettere in luce ed esaltare le proprie caratteristiche: il lato comico di Max, quello intellettuale e narrativo di Daniele, quello emotivo e lirico che esprimo io. Aspetti che poi si sono manifestati prepotentemente nei nostri rispettivi album. Dal trio siamo usciti rafforzati», spiega.
Una somma di piccole cose è l'ottavo disco in studio di Fabi, un album unitario, lineare, nel quale si alternano dinamiche emotive personali e collettive, dove il disagio sociale fa da contraltare all'amore e il dolore va a braccetto con i temi ambientali. «Il disco ha un'identità ben precisa, trovo che sia terapeutico, sostitutivo delle benzodiazepine: una medicina per i momenti di difficoltà, una coccola per chi ne ha bisogno. Perchè l'amarezza e la tristezza sono il quotidiano di tante persone. Ecco, vorrei che fosse vissuto come un disco strumentale, vorrei essere di sottofondo. Ma non è un pozzo senza fondo e senza speranza - spiega il cantautore romano, che il 1 maggio ha scelto di essere al Concerto di Taranto -, è la somma di piccole cose che fanno piacere. Io non sono un tipo oscuro, non ho il physique du role dell'esistenzialista».
Non sarà il Darth Fener della musica, ma certo in passato non è stato generoso con se stesso. «Ho sempre pensato che il mio talento artistico non fosse all'altezza delle mie aspettative. Non mi piacevo. Solo da poco ho gradualmente sconfitto le mie reticenze: mi trovo migliorato e ora, finalmente, mi sembra che la musica che faccio possa far parte della musica che ascolterei a prescindere».
Una consapevolezza maturata anche grazie al trio: «Nel concerto all'Arena di Verona, a maggio, ho sentito di aver raggiunto quello che cercavo 20-30 anni fa. Mi sono sentito 'riconosciuto'. E il nuovo disco fotografa questo momento».
Sulla scelta di essere in Puglia per il 1 maggio, fatta «per magnetismo», Fabi spiega che la sensazione avuta è che «per la gente di Taranto la presenza di artisti in quel luogo sia particolarmente significativa. Io non ho predisposizione al megaraduno, il mio modo di comunicare è più ad personam, però è importante esserci. Al di là delle battaglie campanilistiche».
Il riferimento è alla piazza di San Giovanni a Roma, «che forse ha perso un pò della sua identità». Colpa, dice, anche della tv.
«Quando si accende la luce della telecamera tutto si snatura». E su Roma, la sua città, ha uno sguardo amaro: «Fa paura, e anche le grandi personalità politiche scappano dalla possibilità di governarla, dal fallimento».
Da maggio il cantautore sarà anche in tour: «Sarà un viaggio onirico», promette.
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