VERONA. Prima le immagini del suo volto in 3D, iconico e ironico, che si moltiplicano sui teli che nascondono il palco, dopo è la volta della sua sagoma - vagamente ispirata a Charlie Chaplin - come fosse un personaggio del teatro kabuki, e infine la sua voce, accolta dagli applausi, che intona L'ombra del gigante. Ma il boato vero arriva quando finalmente Eros Ramazzotti si svela, in bianco e nero, come i colori della sua Juventus. «Questa sera è perfetta come voi», dice al pubblico dell'Arena di Verona, debutto vero e proprio del Perfetto World tour, dopo l'anteprima a Rimini di quattro giorni fa. Scaletta ricca, («ma tanto ho dovuto tagliare», aveva già avvertito quasi a scusarsi), che oltre a proporre i brani del nuovo album, pesca nei grandi successi del repertorio dell'artista, che se pur milanese d'adozione non dimentica la città che gli ha dato i Natali: «Roma è sporca e abbandonata a se stessa.. altro che caput mundi», ha detto prima di salire sul palco, non risparmiando critiche al sindaco, «non fa nulla», nè al premier Renzi, «se è sempre in giro, come si risolvono i problemi?». In tutto 27 brani, suonati da una band di 10 elementi tra cui il chitarrista Phil Palmer, da Se bastasse a Terra Promessa, passando per Adesso Tu e le più recenti Stella Gemella, Tra Vent'anni, Il tempo non sente ragione, tutti rivisitati. Recupera anche Esodi, un brano del 1993, in cui già raccontava il dramma dei migranti. «L'ho scritto quasi 25 anni fa ed è ancora incredibilmente attuale». E mentre lui intona i primi versi, sullo schermo gigante alle sue spalle appare l'immagine - messaggio di speranza - di un bimbo sorridente dalla pelle ambrata che usa la bandiera dell'Europa come fosse il mantello di un supereroe. E lo schermo è e rimane protagonista di tutta la serata: ora rimandando immagini replicate all'infinito - in un effetto un pò vintage -, ora giochi di luci colorate, ora un cielo stellato in cui perdersi (I Belong to you). Ne Il viaggio, Ramazzotti stesso - diretto da Luca Tommassini, regista dello show - con la tecnica del morphing, trasforma il se stesso degli esordi nel se stesso di oggi, e poi in un capo indiano, in un nero, in un leone, in un cyborg, «per viaggiare senza limiti», come recita il testo della canzone. Ogni volta che prova a scendere dal palco e ad avvicinarsi al pubblico, Eros scatena il panico tra i fan (tante le donne, di tutte le età, pronte a tutto pur di riuscire a sforargli la mano). L'emozione sale quando da solo al pianoforte dedica Tra Vent'anni al figlio Gabrio Tullio, nato a marzo. Tutto bene fino alla chiusura, ma quando Ramazzotti torna sul palco per i bis, un problema tecnico blocca lo spettacolo per qualche minuto: «Maledetta tecnologia», si scusa prima di imbracciare la chitarra per la versione acustica di Un angelo disteso al sole, poi si concede Fuoco nel fuoco e Più bella cosa. Il tour dopo Verona si sposta in Europa per poi riprendere in primavera con la seconda tranche che toccherà anche la Russia con una decina di date in città dove non si è mai esibito un artista internazionale. «È uno degli spettacoli più belli che ho mai fatto, è teatrale, movimentato. E lo porto nel mondo per far capire che in Italia c'è gente che ha belle idee».