ROMA. Non era esattamente una canzone dall’atmosfera natalizia come ci si aspetta, “I’ll be home for Christmas’, resa famosa in tutto il mondo da Bing Crosby e oggi ancora incisa dai cantanti più noti. Nessuno, quando fu scritta nel 1943 da Kimball Gannon, avrebbe scommesso sul suo successo. Descrivendo un soldato americano che, durante la seconda Guerra mondiale, scrive una lettera molto malinconica alla famiglia lontana era ritenuta troppo triste per le feste più attese dell’anno. “La fortuna di Gannon è stata quella di giocare a golf con Bing Crosby, che la incise nel lato B della più venduta canzone di tutti i tempi, ‘White Christmas’“ – spiega Joseph Burns, della facoltà di scienze della comunicazione della Southeastern Louisiana University, ad Hammond, autore di una ricerca sulle origini dei canti di Natale che mette in luce diversi aspetti curiosi. – “Una canzone in cui nessuno credeva, ha così venduto 50 milioni di copie nel mondo” precisa Burns. Lo studioso elenca altri aneddoti in una nota dell’università di questi giorni: “Il tema del famoso 'in God rest ye merry, Gentlemen', citato nell’opera ‘Canti di Natale’ di Charles Dickens , non era molto allegro” – spiega Burns. Il canto, inciso dagli interpreti più famosi al mondo da Bing Crosby, Ella Fitzgerald a Mariah Carey, risale alla metà del 1.700. “La parola ‘merry’ voleva in origine indicare ‘forte’ e la parola ‘rest’ significava ‘fare’. Così il titolo si traduceva ‘Dio vi dia la forza, signori’ e non ‘Dio vi renda felici o festosi’ come si è ritenuto successivamente, perché si riferiva ai guardiani e ai lampionai che si occupavano di mantenere illuminata la città durante il periodo delle feste”. Non era propriamente dedicato alla Natività neanche il canto 'Do you hear what I hear' , un classico relativamente nuovo scritto nel 1962 da Noel Regney e Gloria Shayne Naker. 'Senti quel che sento io' si riferiva al rumore delle bombe e il canto era un inno alla pace scritto durante la crisi missilistica cubana. Anche le campane della canzone di Natale fra le più conosciute, 'Jingle Bells- Jingle bells', scritta nel 1857 da James Pierpoint e interpretata da cantanti del calibro di Frank Sinatra, Louis Armstrong e i Beatles, in realtà non suonavano a festa per la Nascita di Gesù ma per le celebrazioni del Thanksgiving. E, prima del 1875 Santa Claus, il nostro Babbo Natale, non entrava nelle case passando dal tetto per lasciare i doni ai bambini ma piombava sui prati facendo un gran fracasso. Sostiene Burns: “Così lo descrivevano le canzoni dell’epoca. Il cambiamento avvenne nel 1953 con il canto tradizionale americano 'Up on the house top', scritto da Bejamin Hanbly. Divenne famosa in tutto il mondo quando fu interpretata dal cantante ed attore Gene Autry. Fu da quel momento che Babbo Natale cambiò ufficialmente abitudini e iniziò a frequentare i tetti”. “Si può cantare ‘ We three Kings’ “ – sottolinea l’esperto – “Ma dovremmo sapere che nel Vangelo di Matteo non si far riferimento al numero dei re. I Magi, astronomi giunti dall’Est, arrivavano dalla Persia o dall’attuale Iraq. Ed i nomi, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, risalgono invece ad un manoscritto dell’antica Grecia del 6° secolo. Anche il Re Venceslao del canto ‘Good King of Wenceslas’ , cantato anche da interpreti come Frank Sinatra, in origine non era un Re, si riferiva infatti al generoso Venceslao Duca di Boemia”. Svelato infine un quesito più moderno: perché lo scoiattolo canterino Alvin, personaggio famosissimo fra i più piccoli, vuole proprio un hula hop nel canto ‘Cipmunk’s Christmas’, in Italia conosciuta come ‘E’ Natale a casa mia’? “Semplicemente perché la canzone è stata scritta nel 1958 e il giocattolo più acquistato quell’anno era proprio l’hula hop” conclude Burns.