Lunedì 06 Maggio 2024

"Gravity", sfida nello spazio per la coppia Clooney-Bullock

Va detto che considerando la location, ovvero lo spazio più nero del nero, "Gravity" di Alfonso Cuaron tiene incollati alla sedia. E questo non è poco, visto che anche i due attori protagonisti, astronauti Usa, sono quasi sempre in una tuta spaziale d'ordinanza che mostra solo il viso. Insomma il film d'apertura della 70esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica e ora nelle sale italiane distribuito dal 3 ottobre dalla Warner ha un suo fascino. Di scena una Sandra Bullock (la dottoressa Ryan Stone) protagonista assoluta e George Clooney nei panni del veterano Matt Kowalsky, maschio tutto battutine e lazzi, nel ruolo stereotipato di chi è destinato a salvare e tranquillizzare la 'fragilè dottoressa (capacità, purtroppo, quella di Clooney che non manca di avere anche dopo morto). Tante scene al cardiopalma vissute nel vuoto più vuoto e in Gravity soprattutto una teoria del tutto vera e scientifica della NASA, quella della sindrome Kessler in base alla quale la densità di oggetti creati dall'uomo che circolano nella bassa orbita terrestre è così alta che se due oggetti si scontrassero ne deriverebbe una cascata di rottami che andrebbe a urtare altri oggetti e ogni collisione genererebbe nuovi rottami spaziali in un infinito effetto domino. «Abbiamo utilizzato questa teoria come metafora per le avversità della vita. Il nostro personaggio scivola nel vuoto, tentando di superare la sua stessa inerzia per fare ritorno sulla Terra dove l'attende qualcosa che sta oltre la sopravvivenza: la possibilità di rinascere» ha sottolineato Cuaron al Festival di Venezia. Per il regista messicano Alfonso Cuaron, «la sfida più grande è stata raccontare come reagiscono le cose e gli attori senza gravità. L'ambientazione più difficile in assoluto. Gli attori dovevano entrare nell'idea che erano senza peso e capire come si comportano gli oggetti in questa situazione. Per fare questo abbiamo avuto vari consulenti astronauti, ma anche esperti di fisica, perchè la reazione degli oggetti nello spazio è del tutto contro-intuitiva». Il film, comunque, conclude il regista, è la metafora di tante cose: «Si parla di rinascita, del senso della morte, della sua accettazione e di personaggi che vivono come in una bolla e che, per ripartire, devono piantare i loro piedi bene a terra».

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