Il 27 maggio 1963 usciva negli Stati Uniti "The Freewheelin' Bob Dylan", secondo Lp di un ragazzo che si avviava a diventare il più famoso cantautore della sua epoca. Dylan aveva compiuto 22 anni tre giorni prima. Il disco si apriva con una canzone destinata a diventare ancora più famosa del suo autore, "Blowin'in The Wind". Al menestrello di Duluth e al mezzo secolo di questa canzone - che divenne simbolo del movimento per i diritti civili dopo che Dylan la eseguì davanti a Martin Luther King durante un'epocale manifestazione di protesta a Washington - è dedicato "Quante Strade", in uscita per Arcana. Come sottolinea l'autore del libro, Alberto Crespi - critico dell'Unità e uno degli autori-conduttori di Hollywood Party, programma quotidiano sul cinema di Radio3 - "Blowin'in The Wind" in realtà «non era una vera canzone di protesta: era una poesia lirica dai toni biblici, che poneva domande sul destino dell'uomo e sulle vie che deve percorrere nel suo passaggio su questa terra. Ma - sottolinea Crespi - proprio perchè le domande erano al tempo stesso così generiche e così epocali, il pezzo divenne subito l'inno del movimento, al pari di classici come We Shall Overcome». "Quante strade" analizza il significato e l'eredità di "Blowin'in The Wind" per raccontare i 50 anni di storia che ha attraversato. Un percorso nell'America degli anni '60 anche attraverso interviste inedite a Francesco De Gregori, Francesco Guccini, Furio Colombo, Mariano De Simone, Walter Veltroni, Ernesto Bassignano e Alessandro Portelli. Ma si torna anche all'Ottocento americano, da dove la canzone proviene, perchè come scrive Crespi, la melodia è la stessa di No More Auction Block, una ballata popolare sullo schiavismo che risale ai tempi della Guerra di Secessione, e che Dylan (72 primavere festeggiate il 24 maggio) ben conosceva.