PALERMO. L’economia siciliana, con il suo carico cronico di debolezze, mantiene un passo di crescita troppo lento per poter ridurre significativamente la disoccupazione. Dopo sette anni di crisi, i dati ufficiali certificano l’inversione di tendenza più volte anticipata dalle previsioni. Dopo l’aumento del Pil regionale nel 2015 di +2,1%, le nuove stime RES prevedono un margine più modesto ma ancora positivo per il 2016 (+1,3%) e per il 2017 (+1%). La lentezza della crescita si riflette sulla debolezza del tessuto produttivo dell’Isola, cedente dal 2007 al 2014, e sulla creazione di lavoro: la disoccupazione mostra un lievissimo calo: il tasso era del 21,4% nel 2015, scende al 21,2% nel 2016 e dovrebbe attestarsi al 20,9% nel 2017, dato sempre tra i peggiori in Italia. In sostanza, la crescita debole non produce lavoro e quando lo fa spesso è precario. Le famiglie siciliane, inoltre, sono le più povere in Italia: hanno un reddito inferiore del 29% rispetto alla media nazionale e la crisi ha alimentato le diseguaglianze economiche e sociali. Sono questi alcuni dei dati contenuti nel numero I/2017 di CongiunturaRes, l’osservatorio congiunturale della Fondazione RES, presentato oggi a Palermo. I dati ufficiali 2015, diffusi a dicembre 2016 dall’Istat, identificano in tale anno per l’economia regionale una svolta superiore alle attese. Il processo recessivo avviatosi nel 2007 aveva visto una caduta del Pil superiore al 13%, del valore aggiunto industriale del 7%, delle costruzioni dell’11%, dei servizi del 14% ma, soprattutto, un crollo del 41% degli investimenti in macchinari e attrezzature e del 19% di quelli in costruzioni. Completava il quadro la chiusura di oltre 28 mila imprese attive, in un processo che sembra essersi arrestato solo negli ultimi mesi. Le statistiche ufficiali regionali segnalano alcuni elementi di rilievo, primo fra i quali una dinamica della produzione regionale superiore a quella della domanda interna. Si tratta, allo stesso tempo, di un segnale di recupero offerto dal sistema produttivo, che si associa all’aumento delle esportazioni, evidente in molti comparti dell’interscambio non petrolifero, e di un implicito segnale di debolezza della domanda delle famiglie. Quest’ultima continua, infatti, a rimanere condizionata da aspettative negative rispetto al reddito e all’occupazione ma anche da un aumento delle diseguaglianze nella distribuzione del reddito e da un ampliamento dell’area del disagio sociale. Il principale sostegno alla crescita sarà offerto anche nel 2017 da un aumento della produzione e delle esportazioni (+5,2%) e da una modesta ma evidente ripresa degli investimenti produttivi (+2,5% in complesso, macchinari e attrezzature +4%), che dovrebbero contribuire positivamente al rafforzamento della crescita e della competitività del sistema. La domanda delle famiglie, non cedente (+0,9%), dovrebbe mantenersi sui livelli attuali. Immagini di Marco Gullà