PALERMO. La Sicilia disporrà nei prossimi dieci anni di un plafond 20 miliardi di euro, in parte provenienti da Bruxelles. La programmazione Ue 2014-2020, infatti, assegna alla Sicilia 6 miliardi 320 milioni, a queste somme si aggiunge un cofinanziamento nazionale al 25%, poi la quota del Fondo sviluppo e coesione (fondi nazionali destinati a investimenti per lo sviluppo), e altri 2,5 milioni residui della programmazione 2007-2013, da certificare entro dicembre 2015. A fornire è il primo Rapporto dell'Osservatorio sui fondi europei del Centro studi Pio La Torre, che è stato presentato questa mattina, a Palazzo dei Normanni, a Palermo "Venti miliardi di euro, cioè due miliardi l'anno, finalizzati agli investimenti sono un'occasione irripetibile - ha detto il presidente del Centro Vito Lo Monaco - purché non si ripetano gli errori del passato: moltiplicazione degli obiettivi di spesa, intralci burocratici, utilizzo emergenziale e storno dei fondi europei verso la spesa ordinaria della Regione. L'obiettivo deve essere la crescita. La Sicilia è sull'orlo di un abisso di ineguaglianza, che mina la stessa convivenza". Il rapporto, che prende le mosse dalle modalità di spesa delle risorse Ue nei precedenti cicli di programmazione, si compone di cinque capitoli - Fondi strutturali, Piano di sviluppo rurale, Autorità di gestione, Sviluppo e coesione sociale, Sicilia e Mediterraneo - e individua quattro settori strategici per la crescita dell'Isola: Turismo, beni culturali; Sanità; Agroalimentare ed economia siciliana; Energia e vivibilità della Città. L'analisi suggerisce di introdurre White list, Rating di legalità e un coordinamento anti corruzione, sulla falsariga dell'esperienza del comune di Milano, dopo gli scandali legati all'Expo 2015. "Le opacità e la mancanza di trasparenza - ha aggiunto Lo Monaco - hanno favorito la corruzione e l'inquinamento politico mafioso nella gestione della spesa pubblica. Il governo regionale nomini un "Comitato di monitoraggio sui fondi europei" a costo zero, composto dai rappresentanti del mondo associativo antimafia". Il Rapporto, infine, fornisce un decalogo per utilizzare e spendere in maniera 'virtuosa' i fondi erogati da Bruxelles. Oltre la metà delle famiglie siciliane è povera: sono 1 milione e 71 mila (sono il 53,2%, contro il 24,9% della media nazionale) vivono in stato di deprivazione e cioè non riescono ad alimentarsi e curarsi adeguatamente, sostenere spese impreviste e pagare le bollette. 320 mila nuclei familiari, invece, si trovano in condizione di povertà assoluta: sono 15,8%, in Italia 7,9%. A fornire il quadro dei nuovi poveri siciliani è il primo Rapporto dell'Osservatorio sui fondi europei del Centro Pio La Torre, che è stato presentato questa mattina, a Palermo, a Palazzo dei Normani. Il rapporto, indica che in Sicilia i giovani Neet sono cinquecentomila. L'analisi evidenzia anche le cause, legate alla spesa delle risorse comunitarie dei precedenti cicli di programmazione europea, ed auspica che la programmazione 2014/2020 punti su misure capaci di favorire una crescita intelligente, sostenibile, inclusiva, accompagnata da un "Piano di rafforzamento amministrativo". Secondo il Rapporto, per arginare i fenomeni di indigenza nell'Isola servono interventi strutturali" e cioè misure finalizzate ad alleviare lo stato di marginalità dovuto allo stato di povertà assoluta in cui vivono le famiglie e interventi capaci di creare le condizioni per uscirne. "E' opportuno - si legge nel Rapporto - un monitoraggio, uno screening sulla tipologia e sulla composizione dei nuclei familiari indigenti per verificare le disponibilità di risorse che ricevono, e prevedere un contributo anche delle Regione per consentire loro di disporre di un reddito mensile compreso tra i 700 e 800 euro". Per realizzare l'intervento, l'analisi stima "un onere medio per famiglia di 250 euro al mese, che corrisponderebbe ad un impegno finanziario annuale di 900 milioni di euro".