"Essere innamorati è come essere ad Auschwitz’", Roland Barthes. "Il Bacio’’, è il primo lungo metraggio di Pietro Graffeo, 23enne laureato all’Accademia di Belle Arti nel corso di Audio/Video e multimedia. Il film, da lui diretto e co-scritto ha avuto inizio ad ottobre del 2017.
"La citazione iniziale ha per me differenti valori, anche amicali in realtà. Nei primi mesi di lavori sul film, l’attore protagonista Federico Mosca mi ha regalato un suo libro su tutto il teatro di Sarah Kane, una drammaturga che mi ha subito colpito e con cui mi sento artisticamente in sintonia. È da lei che ho scoperto per la prima volta questa citazione e quindi, tramite lei, sono giunto all’opera “Discorsi di un frammento amoroso” di Roland Barthes. Questi due libri mi hanno accompagnato lungo la produzione del film tanto quanto la sceneggiatura stessa, forse anche di più. Li leggevo e li rileggevo in continuazione. La prima volta che mi sono imbattuto in questa citazione mi sono immediatamente chiesto: “Barthes intendeva l’Aushwitz di allora, durante la guerra, o di adesso?”.
Mi do una risposta differente ogni volta. Al di là di ciò, non nego che la citazione abbia pure un intento provocatore ma che comunque permetta di capire da subito il tipo di atmosfere e di intenti che avrà il film. Dopotutto, la dimensione in cui sono rinchiusi i due amanti è una sorta di loro campo di concentramento. Riguardo la provocazione, aggiungo infine che, artisticamente, mi piace vedermi come un adolescente.’’
Il Bacio è un lungometraggio drammatico/surreale trattante il tema della perdita d’individualità all’interno di un rapporto amoroso. I protagonisti sono due amanti senza nome, personificazioni dell’amore, e vivono in una dimensione eterea dove il tempo perde di significato.
Il Bacio vuole essere una giovane sperimentazione, uno sfogo creativo, un atto di volontà, un’esperienza tutta umana che ha permesso di crescere e di conoscerci meglio. Il bacio è un “posso farlo anche io!” ed è anche una risposta, per Graffeo, a esperienze passate e un monito, per lui e per tanti altri amanti.
‘’Lo spunto iniziale da cui è nato il film è pienamente autobiografico. La fine del cosiddetto “primo amore” mi ha causato molta sofferenza, una vera e propria crisi che, a posteriori, è da intendere come un cambiamento. Infatti parallelamente in quel periodo stavo anche maturando la mia passione per il cinema, ero entrato in Accademia e covavo dentro di me questo bisogno di voler sfogare pensieri e turbamenti. Il big bang è avvenuto quando, studiando per l’esame di Storia dell’Arte Contemporanea, mi imbattei ne Il Bacio di Edvard Munch (1897). I suoi temi, così come i colori e le pennellate, mi ispirarono subito. Nel giro di pochi giorni, idea e soggetto mi erano già chiari. Sicuramente è un film su cui ho versato miei timori e mie riflessioni e non solo in ambito sentimentale.’’
Questa dimensione muta al mutare del sentimento che la permea: inizialmente è paradisiaca, come un Eden per i suoi due ospiti, ma successivamente diviene scura e infernale, come una prigione da cui evadere è impossibile.
‘’Il Bacio vuole raccontare la perdita della propria individualità all’interno di un rapporto e sentimento amoroso, che inevitabilmente - dice Pietro - è insopprimibile da parte dell’uomo, dunque facente parte della sua natura, ma che proprio per questo giunge a divenirne dipendente e a soffrirne l’oppressione. Il film non tratta di due specifici amanti, pertanto s’è giocato di astrazione e minimalismo: la visione consiste nel trattare di due esseri senza nome, con un stampo esistenziale, senza avere un luogo o un tempo precisi. A vivere questo sentimento sono due creature, entità surreali – non persone – che non hanno mai vissuto altro oltre loro. Sono due, ma in realtà è come se fossero uno. Quante volte ci si sente in simbiosi con la persona amata? Quante volte ci si riesce a comprendere un sol sguardo? Ecco, i due amanti senza nome, Lui e Lei, vivono queste sensazioni perennemente, ma, a un certo punto, tutto cambia: questa eternità, questa loro perenne gioia d’amore, la passione, l’eros, tutto diviene un’agonia. Un perpetuo dolore. Essi devono fare i conti con la tentazione di spezzare questi confini da un lato e la paura della solitudine e del crollo dall’altro. Questo sentimento finisce col distruggere completamente la loro umanità e la loro identità, rendendoli schiavi della paura ancestrale di solitudine. Infine, ciò che spero traspaia e che sottolinea in un dialogo la stessa protagonista, è che il film narra sempre e comunque di amore, in sue diverse sfumature, non tratta di odio o ira. Con Il Bacio ho sempre saputo bene, fin dagli inizi, di non potermi permettere un pubblico ampio. Non è mai stato un problema perché Il Bacio, anche a livello produttivo, aveva ben altri scopi, come ad esempio capire se io stesso volessi davvero fare cinema e viverci.’’
Già dal trailer del film del giovane regista palermitano, si evince come il lavoro sulla fotografia sia stato un lavoro minuzioso, giocato sui colori e sugli sguardi. Un lavoro attentissimo.
‘’Occorre fare una premessa: la fotografia è per me importantissima in un film. Forse anche più della sceneggiatura a volte. Crescendo, ho imparato a vedere il cinema come la diretta evoluzione della pittura piuttosto che della letteratura. Ogni forma d’arte ha il suo modo di comunicare e il cinema lo fa soprattutto attraverso le immagini, prima ancora del suono o delle parole. Non so se fra 5 o 10 anni la penserò ancora così, ma al momento preferisco di gran lunga creare l’immagine migliore anziché la miglior trama o il più grande colpo di scena. Ho sempre immaginato un tipo di fotografia espressionista per il film. Deve trasmettere le sensazioni dei protagonisti e mantenere costanti i temi di fondo che il film vuole comunicare, quindi, ricollegandomi al discorso di sopra, la fotografia non è serva della sceneggiatura ma anzi entrambe collaborano per trasmettere allo spettatore quelle determinate sensazioni ed emozioni. La fotografia espande la sceneggiatura. Quindi si è optato per l’uso prioritario della camera a mano per dare sempre un senso di fisicità alle riprese, di vitalità, a volte anche di disturbo. Tutto questo è stato anche ulteriormente agevolato dal fatto che il film non volesse essere naturale, ma anzi surreale, simbolico, a volte astratto o minimale.’’
Ad oggi, con una distribuzione non propriamente iniziata, il film di Graffeo ha già dato tante soddisfazioni, come la vittoria dell’Onirica Award all’Onirica Film Festival 2020 di La Spezia, Miglior Film Sperimentale all’Eurasia International Monthly Film Festival o Best Indie Feature Film Film low-budget all’Art Film Award. Dopo questi successi ai festival, seppur il film non sia ancora in distribuzione, Il futuro può essere pieno di soddisfazioni:
‘’Sicuramente desidero tornare a vedere il film in una sala cinematografica. È successo solo a La Spezia, finora, assieme a Stefano Scaglione e Giuseppe Nasca e ovviamente tutti gli altri partecipanti e ospiti dell’Onirica Film Festival 2020, ma mi auguro possa ricapitare in futuro con tutta la troupe, amici, parenti o semplici curiosi. Spero dunque si possano organizzare delle proiezioni a Palermo nei prossimi mesi, dato che purtroppo anche la pandemia ha molto inficiato sulla possibile distribuzione del film (la cui realizzazione si è conclusa infatti pochissime settimane prima dello scoppio della pandemia). Oltre ciò, spero possa pure arrivare su qualche piattaforma streaming. Ho scoperto da poco il progetto Youmovie di Davide Vigore e mi alletta molto".
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