Elisa in Sicilia per due concerti: il 24 marzo canterà al teatro Impero di Marsala, mentre il 25 si sposterà al teatro Metropolitan di Catania.
Lei è tornata sulle scene musicali con il nuovo album "Diari aperti".
A 10 anni, bambina timida e chiusa, Elisa ha preso in mano il suo primo diario. Ha iniziato a scrivere, ad affidare i suoi pensieri alla pagina bianca senza fermarsi più, "per capire quello che potevo essere".
Trenta anni dopo, Elisa quei diari che continuano a riempire bauli interi ha deciso di condividerli, di trasformali in musica ("del resto sia la scrittura che la musica hanno una dimensione assoluta e infinita") nel suo nuovo album dal titolo Diari aperti, in uscita oggi.
Ed è «Tutta un’altra storia», come recita il titolo della prima canzone del disco. Tutta un’altra storia, a partire dalla casa discografica, che dopo 22 anni non è più la Sugar, ma la Universal ("ci ho pensato tanto, non volevo fosse una fine brusca: volevo provare a vedere come poteva essere in una major, è come passare dalla cittadina che conosci da sempre alla metropoli"). Ed è tutta un’altra storia, perché «è il disco più senza filtri che ho mai fatto, il mio più intimo e intimistico, autobiografico, una sorta di dialogo prima di tutto con me stessa. Il soggetto ero io, senza metafore», racconta lei, via chiamata video, dalla stanza della sua casa di
Monfalcone, «quella degli ospiti», dove ha scritto l’album, stavolta tutto in italiano.
"Una necessità, ma anche una castrazione lasciar da parte tutti i brani scritti in inglese. E' stato bello e gratificante, ma non è stato un lavoro leggero", tiene a sottolineare la cantautrice che si è fatta affiancare anche da alcuni giovani autori già affermati come Davide Petrella, Cheope e Federica Abbate.
"Mi piaceva confrontarmi con la realtà contemporanea, e una volta che avevo deciso di aprire i miei diari a chi ascoltava, ho capito che potevo aprirmi anche io ad altre collaborazioni".
L'album, spiega ancora Elisa, «è nato come reazione a quello che sentivo in giro: avevo bisogno di fare un lavoro spoglio, in risposta alle tante sovrastrutture in cui non sempre trovo un’anima. Sono viaggi sensoriali meravigliosi, ma non riesco a capire se dietro c'è altro, se non l'obiettivo di raggiungere il successo. E quindi tutto è partito dalle parole, dai testi, scavando nel vecchio compito della musica che è quello di buttare fuori quello che abbiamo dentro. Il risultato è un album meno musicale del solito».
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