PALERMO. Nella carriera di Frizzi c'è anche la strage di Capaci. La sera del 23 maggio 1992. La Rai chiese al conduttore di andare ugualmente in onda con la puntata di “Scommettiamo che?”, l’ultima della stagione.
Appena poche ore prima è sull'autostrada Palermo-Mazara del Vallo avevano perso la vita Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Fabrizio Frizzi chiese di poter fare almeno un preambolo e pronunciò una frase per accennare ai tragici fatti di cronaca di Palermo.
Qualche anno dopo Fabrizio Frizzi tornò a ricostruire quelle ore. Non sopportò l’idea di essere diventato per quella sera il simbolo del cinismo e della superficialità.
“Mi fa ancora male - disse - sono stato travolto senza rendermene conto, ma i commenti negativi che mi sono beccato ci stanno tutti. Io non credo di essere un uomo coraggioso, ma nemmeno il contrario. Non ero io che dovevo decidere: dissi che non me la sentivo. E loro hanno insistito. Non ho avuto le palle per andarmene a casa - aggiunse anche -. A quel tempo non c'era Porta a Porta, non c'erano i tg, le dirette All news. Di sicuro si poteva registrare, abbiamo sbagliato e io mi prendo le mie responsabilità. Nessuno ci consultò: con Milly Carlucci siamo stati abbandonati ore nei nostri camerini a torturarci su cosa dovevamo fare. Quella diretta mi è costata lacrime e dolore".
Solo quando la notizia della morte di Falcone divenne certa, l'allora direttore del Tg1, Bruno Vespa, chiese che la puntata fosse interrotta per cedere la linea a un telegiornale.
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