ROMA. Lasciarsi alle spalle un posto da 'stella' fra gli animatori Dreamworks, dove è stato fra i papà di Shrek e regista del terzo film dedicato all'orco verde, per tornare nel proprio Paese, la Cina, e lanciarsi nella creazione di un'adventure comedy fantasy per famiglie che mescolasse live action e animazione.
Una sfida stravinta da Raman Hui, classe 1963, che con Il regno di Wuba, in uscita oggi nelle sale italiane con Microcinema, ha infranto i record al botteghino in patria, conquistando l'equivalente di 382 milioni di dollari, che ne hanno fatto il film più visto di sempre in Cina, con vendite in tutto il mondo.
Attingendo a piene mani alla tradizione cinese, Hui ha conquistato le platee dando vita a un mondo duplice, immaginario e senza tempo, dove una divertente e buffa (ma non innocua) popolazione di creature fantastiche capace di mutare forma e dalle abitudini alimentari pericolose, deve difendersi dai 'cacciatori' uomini.
«Come in Shrek, volevamo dei mostri che al di là degli effetti speciali suscitassero emozioni vere nel pubblico, per questo li abbiamo resi molto umani - spiega il regista -. Il messaggio principale nella storia è che per quanto possiamo sembrare diversi, non bisogna fermarsi all'esteriorità ma provare a scoprire la ricchezza interiore degli altri».
Anche Raman Hui si sente «molte volte, un mostro. Una sensazione molto comune soprattutto nella fase di crescita. Puoi sentirti diverso dai tuoi compagni di classe, o un estraneo quando accetti un nuovo lavoro. È qualcosa che abbiamo provato un po' tutti e che possiamo comprendere».
In Il regno di Wuba, a mettere in contatto i due mondi è la regina dei mostri, incinta dell'erede, che per paura di finire preda dei cacciatori, trasferisce il nasciturò all'interno di un ignaro e imbranato ragazzo, Tianyin (Jing Boran). Dopo un periodo di gravidanza decisamente originale, ad aiutarlo a partorire sarà proprio una delle cacciatrici più abili, Xiaonan (Bai Baihe), decisa a vendere il prezioso esemplare. Tuttavia quando viene al mondo Wuba, tondeggiante creatura scodinzolante a sei zampe, che ricorda un ravanello e con gli occhioni da cerbiatto, affettuosa come un cucciolo, i due decidono di proteggerlo.
Tra i temi principali della storia ce n'è anche uno molto attuale, come il bisogno «di accettazione reciproca. È molto facile, credo, combattere qualcosa o qualcuno che non comprendiamo. Dovremmo sforzarci di accettare le reciproche differenze e guardare alle cose in una prospettiva diversa». È un aspetto che appartiene anche alla vita del regista «perchè pur essendo arrivato da straniero negli Stati Uniti, ho avuto la fortuna di sentirmi accolto e non isolato».
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