ROMA. Alla fine di un lunghissimo tour mondiale di quasi un anno, da ottobre 1974 a maggio 1975, Peter Gabriel ad agosto lascia i Genesis. L'atto finale è una lettera aperta in cui, tra l'altro, spiega: «lo strumento (la band) che abbiamo costruito come una cooperativa al servizio della nostra vena di compositori è diventato il nostro leader e ci ha intrappolato nel successo che avevamo voluto. Ha condizionato l'atteggiamento e lo spirito della band. La musica non ha perso valore e ho rispetto per gli altri musicisti, ma i nostri ruoli sono diventati troppo rigidi». L'addio di Peter Gabriel ai Genesis è uno dei traumi della storia del Progressive e del rock, ha lasciato, com'è inevitabile che sia, orfani inconsolabili dei bei tempi che furono, ma dal punto di vista della band e di Gabriel, come ha avuto modo di dire Tony Banks, che pure cercò di convincerelo a rimanere, «da un certo punto di vista era assolutamente la cosa giusta ... Pete stava diventando troppo grande per il gruppo, veniva descritto come 'the man' e le cose non erano così. Era una situazione davvero difficile da sistemare. Per questo è stato un sollievo». Già. A parte i fan rimasti per sempre legati a «Trespass», «Nursery Cryme», «Foxtrot», «Selling England By The Pound» e «The Lamb Lies Down On Broadway» (senza dunque tener conto del ripudiato album di debutto «From Genesis To Revelation»), alla fine ci hanno guadagnato tutti. Peter Gabriel che ha intrapreso una straordinaria carriera solista lontano dai suoni del Progressive e i suoi vecchi compagni che, dopo la sua partenza, con i Genesis e Phil Collins cantante solista hanno raggiunto un clamoroso successo commerciale nemmeno sfiorato prima, avvicinandosi sempre di più al pop. Probabilmente quello che ci ha rimesso di più nel cambiamento è stato Steve Hackett che ha lasciato il gruppo nel 1977 e che, alla fine, è quello che ha ottenuto i risultati più di nicchia. Phil Collins è diventato una star, Mike Rutherford ha avuto «Mike and The Mechanics», Tony Banks, che da solista ha avuto risultati deludenti, si è ampiamente rifatto con i Genesis. La verità alla base della separazione sta nell'espressione usata da Gabriel: cooperativa di compositori. Banks e Rutherford avevano un ruolo determinante nella stesura dei brani e la svolta post Gabriel non fu condivisa da Hackett che reclamava più spazio e più fedeltà alla complessità degli album precedenti. Già il fatto che fin dai tempi di «Foxtrot», con la celebre testa di volpe, Peter Gabriel avesse cominciato a fare uso di costumi di scena assumendo un ruolo sempre più centrale era guardato con un certo sospetto. Tutto è saltato con «The Lamb Lies Down On Broadway»: Gabriel non andava alle prove perchè la moglie, in attesa del primo figlio, stava vivendo una gravidanza difficile. Scriveva i testi per conto suo e di fatto ha imposto una direzione all'album, davvero impegnativo, e al tour, tecnologicamente avanzatissimo per l'epoca ma tutto incentrato sull'album e sulla sua presenza carismatica. Di reunion del nucleo storico, quello introdotto nella Hall of Fame nel 2010 (ma Gabriel non ha partecipato alla cerimonia) si è parlato per 40 anni ma nessuno dei protagonisti ci ha mai creduto veramente. Oggi poi Phil Collins, per problemi ai tendini, non può più suonare la batteria e dalle sue più recenti dichiarazioni sembra sempre più lontano dai grandi eventi live. Quanto a Gabriel, che è sempre rimasto freddo di fronte all'ipotesi, visto che le figlie gli facevano domande sulla sua carriera con Collins, Banks, Ruthefrod e Hackett, le ha portate a vedere «The Musical Box», il gruppo canadese che è la più celebre cover band dei Genesis e che usa i costumi originali degli anni '70. Lui (ha raccontato) con quella musica e soprattutto con «tutte quelle parole» non avrebbe fatto di meglio.