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L'orrore della guerra in un film: Clint Eastwood omaggia i veterani Iraq

Protagonista è Bradley Cooper

NEW YORK. Quella che Clint Eastwood, ormai affermato e prolifico regista, ha voluto raccontare quest'anno è una storia di guerra, la storia vera del miglior cecchino della recente storia militare americana.

American Sniper, che uscirà in edizione limitata negli Stati Uniti a Natale (in tempo per concorrere alla stagione degli Oscar) e in Italia il 1 gennaio, racconta la storia di Chris Kyle, inviato quattro volte in Iraq con un'unica missione: difendere i suoi commilitoni grazie alle sue straordinarie doti di mira. Fu soprannominato 'leggenda', per le sue capacità con il fucile. Chris Kyle ha raccontato la sua storia in un libro che Clint Eastwood ora ha voluto trasformare in un film, interpretato da Bradley Cooper, nel ruolo di Kyle (ma anche in quello di produttore della pellicola) e Sienna Miller, in quello della moglie Taya. «La storia raccontata è una storia di coraggio e abnegazione, Kyle proprio per le sue straordinarie capacità, divenne un obiettivo del nemico. - dice Bradley Cooper, l'anno scorso candidato all'Oscar per Il lato positivo - Fu persino posta una taglia sulla sua testa». Secondo Cooper questo film ha uno scopo preciso: creare maggiore consapevolezza dello sforzo fatto dai soldati americani sui nuovi fronti di guerra.

«Si vedono spesso i soldati americani, con le loro divise mimetiche, in aeroporto. Li vedi e non fai caso a loro. Spero che dopo il nostro film ci sia maggiore empatia, che magari si pensi a loro con maggior calore e simpatia. Sono stati all'inferno, per giusta o sbagliata che sia una guerra, non spetta a loro giudicare, ci sono stati, hanno combattuto, sono stati in situazioni orribili e meritano molto rispetto». Il film racconta anche la difficile situazione famigliare di un militare al fronte che per ben quattro volte deve lasciare moglie e figli a casa. «Taya mi ha dato accesso a tutte le loro email - dice Sienna Miller che interpreta la moglie di Kyle - Era materiale molto personale, le sono davvero grata per questa apertura, per aver condiviso con me comunicazioni così intime e familiari. Non sono tante le unioni che sopravvivono a tutto questo, spesso i militari oltre ai traumi che subiscono nelle zone di guerra poi devono far fronte ai problemi famigliari, alle crisi che la loro assenza ha causato, ma non è stato il caso di Kyle e Taya, la cui relazione è riuscita a sopravvivere al trauma della guerra».

Cooper e Miller poi raccontano il rapporto speciale che si è venuto a creare con Clint Eastwood. «Siamo diventati amici, finito il lavoro sul set (lui è sempre molto veloce a girare le sue scene) restavamo a chiacchierare, si andava a cena insieme - dice Cooper - come produttore ho dovuto occuparmi anche delle altre fasi della produzione del film e lavorare con Eastwood è davvero piacevole». Secondo Cooper questo non è un film sulla guerra in Iraq, ma è un film sull'orrore della guerra «È un film su un uomo, Chris, e su quello che ha passato sul fronte della guerra. Il dilemma e l'orrore che sta dietro una guerra». Anche la vera Taya Kile ha partecipato alla conferenza stampa di presentazione del film, a New York. «Per me non è facile guardare il film, per me non è facile guardare a quel periodo della vita di mio marito - dice la moglie dell'ex Navy SEAL poi congedato con onore - Ma è un grande omaggio a tutti gli uomini e le donne del nostro paese che hanno firmato per porre la loro vita al servizio della nazione. C'è il falso preconcetto che queste persone amino la guerra. Vi posso assicurare che non è così, non amano la guerra ma amano combattere per quella che ritengono sia la giustizia e per proteggere i loro amici e colleghi soldati dal nemico». Secondo la donna l'opinione pubblica ha un rapporto controverso con i veterani di guerra:

«Gli americani hanno sempre avuto sentimenti contrastanti circa i soldati di ritorno dalla guerra. Dalla stima e supporto per coloro che sono tornati dalla Seconda Guerra Mondiale, si è passati alle distanze prese con i reduci del Vietnam, ora è ancora diverso. Ora abbiamo imparato dalla lezione del Vietnam e cerchiamo di non identificare in quei soldati che tornano dal fronte ciò che non sono, ovvero i responsabili delle decisioni prese. Il libro di mio marito e questo film vogliono proprio aiutare a capire questa differenza».

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