Le mani della 'ndrangheta in Slovenia e Romania, 12 arresti e sequestro di beni per 32 milioni
Personale della Direzione investigativa antimafia e militari del Comando provinciale della Guardia di finanza di Reggio Calabria - sotto il coordinamento della locale procura reggina diretta da Giovanni Bombardieri - stanno dando corso a un’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal gip di Reggio nei confronti di 12 persone (8 in carcere e 4 agli arresti domiciliari) gravemente indiziate, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno, associazione per delinquere, impiego di denaro di provenienza illecita, autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, tutti comunque aggravati dalle modalità mafiose. Contestualmente - in Lombardia, Abruzzo, Lazio e Calabria - Dia e finanzieri stanno dando esecuzione al sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, disposto dalla procura reggina, di 27 imprese, di cui una con sede legale in Slovenia e una in Romania, 31 unità immobiliari, quote societarie e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 32 milioni di euro. L’operazione costituisce l’esito di un’indagine condotta dalla Dia e dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Reggio Calabria. In particolare, sarebbero stati acquisiti elementi relativi all’esistenza di un’associazione a delinquere nel cui ambito imprenditori attivi nel settore edile e della grande distribuzione alimentare - alcuni dei quali già coinvolti in inchieste penali o destinatari di misure di prevenzione - avrebbero stretto una pluralità di accordi con famiglie di 'ndrangheta, agevolando, secondo la ricostruzione degli inquirenti, l’infiltrazione della consorteria in quei settori attraverso la compartecipazione occulta di loro esponenti alle iniziative economiche, gestite ed organizzate tramite imprese fittiziamente intestate a terzi, o mediante l’affidamento di numerosi servizi e forniture a imprenditori espressione dell’associazione criminale. Parte dei profitti così accumulati sarebbe stata poi trasferita in maniera occulta, attraverso fittizie operazioni commerciali e fittizi rapporti giuridici - al fine di dirottare la liquidità verso i titolari effettivi delle operazioni economiche, incluse le cosche di 'ndrangheta, e di ostacolare le indagini - eludendo l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali e consentendo l’impiego e l’autoriciclaggio dei proventi illeciti. Nello stesso tempo, le cosche avrebbero agevolato l’espansione delle iniziative imprenditoriali sul territorio, a discapito dei concorrenti, tutelandone gli interessi anche con l’esercizio della forza intimidatoria.