Con i bonus e i ristori Covid, in sei mesi avevano accumulato crediti di imposta fasulli per 440 milioni di euro. Un fiume di denaro reinvestito in cripto valute, lingotti d’oro, conti correnti a Malta, Cipro e Madeira. La maxitruffa sui soldi stanziati dallo Stato per aiutare le imprese in difficoltà a causa della pandemia, come scoperto dalla guardia di finanza di Rimini, ha di fatto coinvolto mezza Italia, Sicilia compresa, sfruttando le agevolazioni dei bonus locazione, sismabonus e il bonus facciate.
L’indagine denominata Free Credit, coordinata dal sostituto procuratore di Rimini Paolo Gengarelli, partita a luglio del 2021 da un’azienda in fallimento al Tribunale, si è via via allargata a macchia d’olio dall’Emilia Romagna all’Abruzzo, alla Basilicata, alla Campania, al Lazio, e ancora in Lombardia, Marche, Puglia, Sicilia, Toscana, Trentino e Veneto. Un vortice enorme di soldi, che ad uno dei principali indagati, intercettato dalla Gdf, ha fatto esclamare: «L'inizio del Coronavirus ha portato bene economicamente. Non so più dove andare ad aprire i conti correnti in giro per il mondo».
Con l’impiego di «cashdog», cani che fiutano il denaro contante, le fiamme gialle hanno rinvenuto durante le 80 perquisizioni in vari sedi societarie e abitazioni, trolley pieni di banconote. Sono 78 gli indagati per ipotesi di reati quali associazione per delinquere, truffa ai danni dello Stato, reimpiego ed autoriciclaggio. Otto le persone in carcere e 4 quattro ai domiciliari. Nella lunga ordinanza il gip riminese Manuel Bianchi, definisce i principali coinvolti affetti da una sorta di «ludopatia da reato».
In carcere sono finiti quindi l'imprenditore di origine pugliese, ma da tempo operativo in provincia di Rimini, Nicola Bonfrate, secondo gli inquirenti promotore e capo dell’associazione oltre che amministratore di numerose società, la sua stretta collaboratrice, Imane Mounsiff, cittadina di origine marocchina; il commercialista riminese, Stefano Francioni e altre cinque persone considerate dagli investigatori i «piazzisti e venditori» nelle varie Regioni.
Lo schema della frode era molto articolato: basandosi su amicizie o commercialisti compiacenti, venivano reperite le società in difficoltà economica per la creazione di falsi crediti di imposta. Ottenute da queste le credenziali telematiche per il cassetto fiscale veniva inserita la relativa cessione del credito di imposta nelle apposite piattaforme informatiche e con l’attestazione dell’Agenzia delle Entrate il credito veniva venduto anche più volte. Sono 116 le società coinvolte, create ad hoc per crediti di imposta inesistenti.
«L'indagine è iniziata in estate - ha precisato la procuratrice capo di Rimini Elisabetta Melotti - e nel giro di qualche settimana ci si è resi conto dell’ampiezza e della complessità». Da qui l’importanza, secondo Melotti, di informare velocemente e bene «l'Agenzia delle Entrate». «Purtroppo la storia ci insegna come gli scenari di difficoltà socio-economica rappresentino anche una deprecabile ed enorme opportunità di arricchimento illecito per taluni», ha quindi commentato il comandante regionale della Finanza dell’Emilia Romagna, il generale Ivano Maccani, che ha spiegato come l’indagine vada «inquadrata nell’ambito di specifici piani operativi sui rischi di frode e riciclaggio in materia di cessioni e indebite compensazioni di crediti di imposta spettanti per gli interventi (bonus ordinari e superbonus) in materia edilizia ed energetica». «L'operazione portata a termine oggi - ha aggiunto il comandante provinciale della finanza di Rimini, colonnello Alessandro Coscarelli - ne è la dimostrazione. Con essa, infatti è stata intercettata e bloccata una frode di dimensioni allarmanti. Era un pericolo noto sul quale, pertanto, è stata posta la massima attenzione istituzionale, garantendo un’azione tanto rapida quanto efficace».
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