Un incendio devastante, che raggiunse anche alcune case, spaventando mezza città. Il rogo di Monte Pellegrino risale al 23 maggio scorso e a causarlo, secondo le indagini, sarebbero stati i fumogeni di alcuni ultras del Palermo.
L’occasione era la partita dei rosanero con Avellino allo stadio Barbera, i tifosi avevano deciso di sostenere la loro squadra del cuore accendendo i fuochi d’artificio in cima a Monte Pellegrino. Ma qualcosa andò storto: le sterpaglie presero fuoco e le fiamme si propagarono per decine di ettari.
Quel giorno sarebbero stati 13 gli ultras presenti, il loro incendio lambì alcune abitazioni private e mise a rischio le antenne di radio e televisioni che si trovano a Pizzo Manolfo.
Dopo le operazioni di spegnimento delle fiamme, durate oltre un giorno a causa del vento di scirocco e costate all’erario circa 30mila euro per via dell’impiego di un canadair proveniente da Roma, gli uomini del corpo forestale della Regione ed i poliziotti della Digos, coordinati dalla Procura di Palermo, hanno individuato i responsabili dell’incendio, oggi destinatari di avviso conclusione di indagini preliminari.
La maggior parte di tifosi – tutti riconducibili al gruppo “Ultras Curva Sud” - ha alcuni precedenti penali in materia di reati da stadio. Alcuni di loro non potevano neanche assistere agli incontri sportivi a causa del Daspo a cui erano sottoposti.
In particolare nei confronti di 5 indagati la Digos e gli uomini della Forestale hanno eseguito delle perquisizioni e sono stati sequestrati i cellulari degli indagati.
Gli ultras non potranno più accedere allo stadio per i prossimi anni, essendo stati raggiunti da nuovi Daspo emessi dal questore di Palermo. Nei confronti dei recidivi è stato anche disposto l’obbligo di comparizione negli uffici di polizia durante le partite del Palermo.
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