Coronavirus, Cartabellotta: "Serviva un lockdown di 2 settimane. Le iniziative del governo sono tardive"
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"Serviva un lockdown di almeno due settimane" per tentare di arginare una terza ondata di Coronavirus in Italia. È quanto sostiene Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe, medico e statistico. Fin dall'inizio della pandemia, la Fondazione Gimbe ha analizzato i dati forniti dalla Protezione civile, traendone una lettura matematica per la previsione dell'andamento delle curve epidemiologiche. Cominciamo dalle ultime notizie: in questi giorni si sta diffondendo un allarme per una variante del Covid che si è diffusa in Gran Bretagna. Di che si tratta, quali sono le differenze con il virus conosciuto finora? "È stato fatto troppo clamore sia mediatico che politico. Tutti i virus hanno delle mutazioni, la cosa importante è conoscere le caratteristiche: è una variate più contagiosa ed è stata identificata soprattutto in soggetti sotto i 60 anni. Non ci sono informazioni sul fatto che sia più virulenta ma sappiamo che è più contagiosa. Potrebbe avere un impatto sulla diagnosi e quindi sui tamponi, sulla frequenza delle reinfezioni in chi ha già preso il Covid. Nelle prossime settimane ne sapremo di più, monitorando le persone alle quali è stata riscontrata la variante". Parliamo ancora della variante Covid. Ci possono essere delle ripercussioni sul piano vaccini che l’Italia sta portando avanti? "Oggi gli amministratori di Moderna e Pfizer hanno dichiarato che non dovrebbero esserci problemi e se ci dovessero essere, riusciranno a fare nuove forniture entro 6 settimane. Questo fa parte però delle varie incertezze delle scienze. Stupisce, invece, il ritardo con cui, come ieri ha anche detto il "Telegraph", si è tenuta "nascosta" la notizia della variante da parte della Gran Bretagna". Facciamo un passo indietro: l’Italia si prepara a nuove misure straordinarie di contenimento del virus. Misure necessarie ma saranno sufficienti? "Noi seguiamo la pandemia e abbiamo rilevato da metà ottobre che le restrizioni che sono state decise sono state troppo light. Le regioni sono state del colore assegnato per poco tempo perchè c'era un obiettivo politico di arrivare nel periodo natalizio con l'Italia tutta gialla. Ciò ha fatto sì che si è dovuta attuare però una nuova stretta proprio a ridosso di Natale visto che ci siamo ritrovati con un numero di nuovi positivi troppo alto e quindi nell'impossibilità di riprendere il tracciamento con i servizi ospedalieri ancora saturi. Adesso dobbiamo arrivare a gennaio più "liberi" per il sovraccarico dei servizi sanitari sia perchè deve cominciare la campagna vaccinale che per la riapertura della scuola. Tutto ciò è colpa del fatto che i provvedimenti vanno presi sempre in ritardo a inseguimento del virus e non in un sistema di prevenzione. Se a metà ottobre avessimo fatto un lockdown serio, adesso avremmo potuto trascorrere un Natale nettamente diverso". La scuola in presenza è stato uno degli argomenti più discussi: al di là della utilità “sociale”, cosa ne pensa del ritorno in aula dopo le vacanze natalizie? "La riapertura incrementa i contagi ma non sappiamo ancora dove avviene esattamente il contagio. Non sappiamo se avviene sui mezzi di trasporto, durante gli assembramenti davanti la scuola oppure in classe. L'obiettivo è riaprire le scuole ma andrà osservata la curva epidemiologica anche se partiamo da una situazione non ottimale". Perché in Italia ci sono state tutte queste vittime? È uno dei Paesi più colpiti d’Europa. "Ci sono due scenari: la prima ondata dove si è registrato un tasso di mortalità del 13,5% e si è concentrato soprattutto in alcune regioni, come la Lombardia, con un sovraccarico delle strutture sanitarie. Quando arrivano troppe persone in ospedale il sistema non regge e si muore di più. Nella seconda ondata, da ottobre il tasso di mortalità si colloca all'1,7-1,8%, quasi in linea con gli altri Paesi anche se un poco più alta. Tre le motivazioni: la prima è che noi abbiamo un'aspettativa alla nascita molto elevata. Poi, c'è da dire che in Italia si vive tanto ma si invecchia male e questo è un dato che va considerato. I nostri anziani hanno problematiche di salute che li rende fragili. Infine, poi c'è il modello di servizio sanitario troppo spostato in ospedale e fa sì che i soggetti fragili appena arrivano nei nosocomi muoiono perchè gli interventi non sono stati efficaci a casa". In questo panorama complicato, la Sicilia come si pone? L’essere un’isola, nel corso della prima ondata, è stato probabilmente un vantaggio, perché è stato più facile limitare gli spostamenti. Vantaggio che poi è stato perso negli ultimi mesi. "Nella prima ondata tutto il centro sud è stato risparmiato e limitato. Poi con la riapertura dei confini regionali del 3 giugno la gente si è spostata e il virus si è propagato. Comunque, nella seconda ondata le regioni del Sud e la Sicilia non hanno avuto un incremento enorme. Solo a Catania c'è un incremento percentuale maggiore rispetto alle altre province. Era normale, comunque, che con le riaperture circolasse il virus e aumentassero i contagi". Le chiedo una previsione ardita. In estate, al massimo il prossimo autunno, saremo tutti vaccinati. È quello il momento in cui potremo riprendere le nostre vite? "Il problema è che ci sono troppi elementi imprevedibili e per primo è la copertura vaccinale. Ieri è stato autorizzato il vaccino Pfizer e a gennaio arriverà l'ok a quello di Moderna. Noi avremo 22 milioni di dosi quindi vuol dire una vaccinazione per 11 milioni di italiani. Poi le altri dosi arriveranno nel secondo e terzo trimestre dell'anno ma occorre superare dei paletti di incertezza come ad esempio l'ok al vaccino di Moderna. Nel 2021 le misure individuali (mascherina, distanziamento, igienizzazione) dovranno andare paralellamente. Oggi non si sa quando le misure individuali potranno essere allentate. Sarebbe opportuno tranquillizzare la popolazione ma puntualizzare che essendo un evento epocale non c'è una data in cui si può dire che torneremo a vivere come prima. Il vaccino, però, ci aiuterà anche se ci vuole tempo e disponibilità delle persone a vaccinarsi". Chiudo con una domanda personale: cosa le ha insegnato vivere un momento storico investito da una pandemia mondiale? "Da un alto ho vissuto la solitudine e l'impossibilità di abbracciare, baciare le persone. Però, si sono riscoperti tanti altri valori: la famiglia, condividere più tempo con le persone che ti stanno accanto e pensare che accanto alla società consumistica ci sono tanti altri valori che sono più importanti".