CATANIA. Antonio Pulvirenti era «il magistrato», «l'udienza» o «la causa» era invece il modo in cui veniva indicato al telefono l'incontro da truccare grazie «al treno», vale a dire il calciatore che si sarebbe prestato alla truffa. Dalle intercettazioni dell'inchiesta della Polizia che ha portato agli arresti dei dirigenti del Catania, emerge il linguaggio utilizzato dagli indagati per parlare delle partite da comprare.
Un linguaggio studiato nei minimi dettagli tanto che Pulvirenti e gli altri, quando dovevano discutere tra loro del prezzo per corrompere i calciatori, usavano la formula «tariffa o parcella dell'avvocato», mentre per indicare il numero di maglia del giocatore che era stato agganciato usavano la frase «l'orario del treno o il binario». Secondo l'accusa vi sono dunque «importanti elementi» che sostengono l'esistenza di un'associazione per delinquere con una struttura «organizzativa stabile» in cui ognuno aveva il suo ruolo, finalizzata «a realizzare una serie indeterminata di delitti di frode in competizioni sportive e di truffe».
L'origine dell'associazione, secondo gli investigatori, risale a marzo 2015 dopo la sconfitta subita dal Catania in casa contro la Virtus Entella; sconfitta che aveva portato gli etnei in piena zona retrocessione. A quel punto i vertici della società, il presidente Pulvirenti, il direttore sportivo Delli Carri e l'ad Cosentino, si sarebbero attivati, prendendo contatti con gli altri indagati, per far vincere il Catania. L'indagine avrebbe inoltre accertato che il gruppo aveva «consistenti risorse economiche» messe a disposizione dall'agente di scommesse on line Impellizzeri. Ad avvicinare i calciatori ritenuti disposti a vendere le proprie prestazioni ci pensava invece il procuratore e agente Fifa Arbotti, che vantava «contatti e rapporti di conoscenza» nell'ambiente.
Persone:
Caricamento commenti
Commenta la notizia