La denuncia della Corte dei Conti: in Sicilia i costi della politica sono i più alti d'Europa
PALERMO. I costi della politica e l'assunzione di personale nella pubblica amministrazione sono pratiche condizionate da eccessi ed abusi in Sicilia. La denuncia è contenuta nella relazione del procuratore regionale della Corte dei conti, Giuseppe Aloisio, secondo il quale la politica siciliana mantiene standard di spesa superiori a quelli dei paesi europei. Rimborsi, indennità e vitalizi sono stati al centro di varie inchieste. I casi più significativi sono quelli dell'ex Provincia di Catania e dei gruppi parlamentari dell'Ars. Al presidente del consiglio e alla quasi totalità dei consiglieri provinciali di Catania è stato contestato un danno di 450 mila euro per spese di missione e di funzionamento ritenute non compatibili con le esigenze istituzionali. Tra l'altro sono state contestate forniture di giornali, tra cui un quotidiano sportivo, libri e pubblicazioni di dubbia compatibilità con le funzioni svolte dai consiglieri, gadget e migliaia di calendari. Tre mesi fa sono stati convenuti in giudizio sette capigruppo parlamentari dell'Assemblea regionale per un uso "non istituzionale" dei fondi per un danno di un milione e 925.496 euro. Quei soldi sarebbero stati spesi per cene, regali e servizi personali. E mentre sui giornali finiva l'eco degli scandali per i costi eccessivi della politica i consiglieri di un piccolo comune decidevano di aumentare del 417 per cento il gettone di presenza: un danno, ha calcolato il procuratore, di 650 mila euro circa. Altro caso emblematico, esploso in questi giorni, è quello delle numerosissime sedute delle commissioni consiliari di Agrigento. Ma non è solo la politica a costare troppo. La Procura segnala un "ricorrente spreco di risorse pubbliche" nelle procedure di assunzione di personale ma anche nel riconoscimento ingiustificato di qualifiche o livelli superiori ai dipendenti delle società partecipate dalla Regione. Nel 2014 la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti ha pronunciato condanne per danno erariale per un importo complessivo di oltre 39 milioni. Il dato è stato riferito da Luciana Savagnone, presidente della Corte dei conti, nella relazione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario che si svolge a Palermo a Palazzo Steri. Tra le condanne, molte riguardano casi di spreco di contributi comunitari, oppure contributi erogati a soggetti provi di requisiti. Le condanne più significative riguardano la formazione professionale. Il presidente ha parlato di "una grave anomalia del sistema", eccessiva spesa di fondi pubblici, "non tanto e non solo per formare lavoratori, ma per sostenere finanziariamente gli enti". "In definitiva - ha aggiunto - sembrerebbe trattarsi di una spesa fine a se stessa che rischia di trasformare lo scopo del settore, originariamente formativo, in uno scopo para assistenziale". La maggior parte delle condanne sono state emesse nei confronti di enti di formazione per aver distratto fondi per altri scopi. "Le medesime considerazioni - ha aggiunto Savagnone - valgono anche con riferimento alle azioni di contrasto al fenomeno della corruzione, spesso agevolata dall’eccessiva burocratizzazione dell’attività amministrativa, nemica della trasparenza, che impone troppi passaggi procedimentali ed impedisce l’immediatezza di percezione dell’uso delle risorse economiche. Dal nostro osservatorio, che certamente è un osservatorio privilegiato passando sotto i nostri occhi gli atti di intere procedure di spesa ed in genere di utilizzo del denaro pubblico, ci accorgiamo, inoltre, che molte delle condotte tenute da pubblici amministratori e dipendenti, anche se produttive di danno per le pubbliche risorse, non arrivano a questo giudice né potranno mai essere sottoposte alla sua valutazione". Nella sua relazione la presidente della Corte dei Conti aggiunge: "Il perseguimento dell’efficienza e dell’economicità dell’azione amministrativa è, infatti, come è noto, demandato al sindacato giurisdizionale della Corte dei conti solo nella sua fase “patologica” quando, con dolo o colpa grave, un soggetto legato da un rapporto di servizio con l’amministrazione arrechi all’erario un danno quantificabile in denaro, mentre la fase della spesa che potremmo chiamare “fisiologica” sfugge all’esame di questo giudice. Non c’è bisogno di sottolineare, in proposito, che la più alta espressione di uno stato democratico è il principio, peraltro costituzionalmente garantito, in base al quale gli amministratori devono potere essere liberi di scegliere gli obiettivi da raggiungere come di svolgere le proprie funzioni con la discrezionalità che il perseguimento di tali obiettivi impone, tuttavia, sempre più spesso, i risultati delle scelte effettuate non sono felici. Per questo motivo l’attività sanzionata dal giudice contabile non rappresenta che una piccola parte del complessivo depauperamento delle risorse economiche del Paese, costituito, quale immediata conseguenza del mancato raggiungimento di scopi prefissati, da sprechi e da inutile spendita di denaro, così come dalla mancata acquisizione di possibili ulteriori risorse". immagini e intervista di Marco Gullà