ROMA - Sembra vivo! È il titolo della mostra, ma è anche la frase che più ti rincorre tra le sale di Palazzo Bonaparte, visitando la prima e stupefacente rassegna mai realizzata in Italia sulla grande scultura iperrealista internazionale. Da Maurizio Cattelan (con anche la celebre banana, alias l'opera Comedian, l'Ave Maria e i l'installazione Ghosts) a Ron Mueck, George Segal, Duane Hanson, la più discussa coppia degli ultimi Almgreen&Dragset o Kazu Hiro con il gigantesco volto di Andy WarHol, è un rincorrersi di figure umane, parti di corpi, trasfigurazioni, abbracci che ogni volta sorprendono proprio per quella minuziosa e perfetta aderenza al vero.
Ideata dall'Institut fur Kulturaustausch tedesco, curata da Maximilian Letze in collaborazione con Nicolas Bellario, prodotta e realizzata da Arthemisia, fino all'8 ottobre la mostra raccoglie in tutto 43 opere (più qualche "scherzo" di ArthemisIa disseminato sulle scale) di 29 grandi nomi dell'arte contemporanea, ripercorrendo genesi e correnti, dai cloni umani alle sculture monocromatiche, passando per le realtà deformate fino alla sezione Oltre la specie dedicata al mondo animale.
L'iperrealismo, racconta la presidente di Arthemisia, Iole Siena, "è un movimento che nasce negli anni '70 negli Stati Uniti e che ha visto cimentarsi i più grandi artisti, mettendo a punto una tecnica complessa, che merita un approfondimento in Italia". Si va da un pioniere come Duane Hanson che con John DeAndrea, tra la fine degli anni '60 e i '70, realizzò le prime sculture che sembravano persone in carne e ossa, alle creazioni scenografiche di chi viene dal mondo del cinema come l'australiano Ron Mueck e poi i mondi psichedelici e fiabeschi (di una fiaba non proprio per bambini) di Carsten Höller o la rappresentazione "sacra e violenta" di Berlinde de Bruyckere, che con i suoi corpi contorti mette in discussione persino la morte e il carattere effimero dell'esistenza umana. E ancora Sam Jinks, Patricia Piccinini, John DeAndrea, i nuotatori di Carole A. Feuerman, Brian Booth Craig.
"Abbiamo scelto i nomi più importanti e spesso questo mondo è stata una scoperta anche per noi - prosegue Siena - In genere come Arthemisia ci dedichiamo alle grandi mostre classiche, come van Gogh, ma ci siamo appassionati all'idea di presentare 'prime volte' in Italia. Lo abbiamo fatto anche con Jago l'anno scorso e ora con Leandro Erlich a Milano, per la prima volta in Europa.
E questo è un progetto che mette insieme alcune caratteristiche che fanno una mostra di successo: la serietà irreprensibile sotto il profilo scientifico ma anche una concessione allo stupore e alla meraviglia".
"Credo sia la prima retrospettiva sull'arte iperrealista mai realizzata non solo in Italia, ma in tutto il mondo - riflette il curatore Letze - È una mostra estremamente democratica, perché è accessibile a tutti. Non bisogna avere competenze o conoscenze particolari: parla di relazioni umane, di emozioni, dei nostri stati d'animo.
La scultura iperrealista, aggiunge Nicolas Bellario, "trova le sue radici in quegli anni in cui hanno cominciato a nascere le fake news. È come se gli artisti si fossero detti: se i mezzi di comunicazione mentono, saremo noi a dire la verità. È una mostra inquietante, per certi versi, ma con tanti livelli di lettura", aggiunge, raccontando come, sparsi i "piccioni" di Cattelan non solo nell'Infinity Room dedicata, ma anche in giro per il Palazzo, l'indomani abbiano ritrovato il custode affannato a tentare di cacciarli via. "È una mostra in cui divertirsi - dice - ma che ci da anche molto da pensare".
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