"C'è sempre un'aura legata al fascismo che circonda Sironi, ma l'artista è artista al di fuori delle querelle politiche. Vorrei un aiuto dallo Stato perché sia riconosciuta la sua importanza per l'Italia e si possa fare un museo dove collocare tutte le opere d'archivio che io conservo e non voglio vendere". Romana Sironi è la nipote dell'artista e oggi è la sua erede universale. Negli anni scorsi ha curato diverse mostre, come quella a Palazzo della Provincia di Roma intitolata Gli anni della solitudine. E' a Torino per presentare l'antologica 'Sironi disegnatore furioso. Opere e cenacoli 1901-1961' presso l'hub Flashback Habitat. La mostra presenta duecento opere - una suggestiva panoramica di disegni a matita, china, tempere, grafiche - ed è stata realizzata grazie alla collaborazione con la galleria Aleandri Arte Moderna e con l'Archivio Mario Sironi, diretto dalla nipote.
"Questa mostra è particolare - spiega Romana - perché ha al centro un aspetto non tanto visitato di Sironi, nonostante sia una delle attività che lo ha coinvolto fin dai primi tempi. Gino Severini raccontava che alla Scuola Libera del Nudo dell'Accademia delle Belle Arti di Roma Sironi arrivava a copiare fino a trenta teste greche o disegnava fregi gotici, romanici. Era veramente un disegnatore furioso. Ho voluto io questo titolo".
Dalle parole della nipote emerge la personalità di Sironi.
"Aveva un carattere particolare, appassionato, a volte violento, ma generoso. S'illuminava quando si parlava di animali, diventava l'uomo più buono del mondo. Aveva una coppia di cani, colloquiava meglio con loro che con gli umani". E, naturalmente, il grande amore per l'arte "trasmesso dalla mamma e dal nonno materno, Ignazio Villa, che era scultore di corte e nell'800 ha avuto grande visibilità, mentre oggi le sue opere sono ignorate".
Bisognerebbe indagare, spiega la nipote, il suo rapporto con il Fascismo, che tipo di fascismo lo interessava. "E' vero, è stato fascista, ha 'goduto' del momento - spiega Romana - ma è interessante quello che diceva di lui Martini nel 1943: Sironi credeva di essere fascista e invece era un bolscevico.
Illustrava la vita dell'uomo, gratificata dal lavoro, in grado di dare dignità all'essere umano, alla sua fatica, concepiva la pittura come pittura sociale che doveva comunicare alle masse il suo valore. Gli sono stati affidati dei lavori che gli permettevano di comunicare questi valori. L'Italia corporativa, che portò a Parigi nel 1937, a fianco della Guernica di Picasso, è un mosaico meraviglioso, oggi al Palazzo dei Giornali di Milano. In una lettera del 1937 descrive la sua situazione nei confronti del Fascismo: 'La mostra ha avuto un grande successo, credere poco, obbedire purtroppo tanto. ma combattere sempre'.
Lui, in effetti, combatteva sempre, ha avuto una vita drammatica. Aveva una personalità complessa, era in lotta contro il mondo".
Romana Sironi ritorna sul suo sogno. "Mi piacerebbe che tutte le sue opere trovassero una giusta collocazione degna di questo artista, a prescindere dal governo del momento. Sironi è stato davvero un grande artista". (ANSA).