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Le "Icones" a Palazzo Grassi simbolo della contemporaneità

VENEZIA - Una bandiera statunitense a 13 stelle è appesa informe al muro. E' sporca, lacerata da colpi di proiettili. Segni forse di una guerra. Immagine emblematica di quel continuo dramma che investe l'umanità. Dietro uno squarcio del tessuto si intravede, però, il volto del Bimbo in braccio alla Madonna, frammento visivo di un dipinto sacro del '400. Rappresentazione dell'ideale cristiano, del sacrificio che ha la sua pienezza nella resurrezione. E' un'opera dell'artista Danh Vo, figlio di boat people vietnamiti emigrati in Danimarca, parte della mostra "Icones", a cura di Emma Lavigne e Bruno Racine, a Punta della Dogana, a Venezia, dal 2 aprile al 26 novembre prossimi (catalogo MarsilioArte). L'esposizione, attraverso un'ottantina di opere di 30 artisti provenienti in gran parte dalla collezione di Francois Pinault, invita "a una riflessione sul tema dell'icona e dello statuto dell'immagine nella contemporaneità", intende "rivelare l'essenza dell'icona come vettore del passaggio verso un altro mondo o altri stati di coscienza".
Il percorso di "Icones" procede per ideali sezioni - marcato il secolare rapporto tra Venezia e l'arte sacra bizantina, il suo essere città fonte di ispirazione, produzione o residenza per alcuni artisti - con sale da "meditazione", "cappelle laiche" intrise di una profonda spiritualità. "E' un insieme di opere che ti portano a guardare oltre in un atteggiamento di contemplazione", sottolinea Racine. Presente "La Nona Ora", la statua di cera di Giovanni Paolo II colpito da un meteorite, uno dei lavori più iconici di Maurizio Cattelan. Di grande impatto visivo l'installazione di fili d'oro (colore di più opere) stesi nello spazio dell'artista brasiliana Lygia Pape; intense le due "cappelle" con i dipinti di Robert Ryman e Roman Opalka; l'opera-video di Philippe Parreno dedicata alla casa di campagna chiamata "Quinta del Sordo" dove Goya si trasferì negli ultimi anni di vita. La sequenza espositiva comprende, per ricordarne alcuni, i lavori di Lee Ufan, Donald Judd, Lucio Fontana, Agnes Martin, David Hammons, James Lee Byars, Francesco Lo Savio, Chen Zhen, Kimsooja, On Kawara, Sherrie Levine, Josef Albers, Rodolf Stingel e Joseph Kosuth. La mostra, ad alta intensità spirituale che induce quasi al silenzio, nei progetti veneziani della Collezione Pinault è l'altro lato di una medaglia che ha l'altra faccia a Palazzo Grassi con una esposizione, " Chronorama", dedicata invece alle immagini fotografiche "iconiche" provenienti dagli archivi di Condè Nast. Oltre 400 immagini, tra il 1910 e il 1979, "che mostrano donne, uomini, momenti storici, vita quotidiana, sogni e drammi del XX secolo"

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