(ANSA) - ROMA, 18 MAR - Un clown ieri, oggi, sempre. Così si vedeva Jacovitti immaginando il suo epitaffio. Come il personaggio del circo destinato a far ridere, il grande maestro del disegno in satira ha attraversato il Novecento punzecchiando la politica e la società senza distinzioni di schieramento, ironizzando sui tic e sui punti deboli dell' Italia che usciva dal disastro della seconda guerra mondiale e poi negli anni del boom, inventando una schiera di personaggi che erano maschere rovesciate in chiave comica, fossero espressione del Regime - come Battista l' ingenuo fascista e il suo 'eja, eja, baccalà' - o la citazione all' italiana dei grandi miti del cinema, della tv e del fumetto, da Zorry Kid a Cocco Bill. Nelle sue tavole surreali zeppe di personaggi, tra donnone oversize e animali molto umani, spiccavano i vermi e, soprattutto, i salami, vero marchio di fabbrica insieme con la lisca di pesce che era la sua firma ricordando come lo chiamavano da adolescente alto e smilzo. Benito Jacovitti ha lasciato una traccia profonda nella storia del disegno d' autore ed ha accompagnato la vita di generazioni di italiani, dai ragazzi che negli anni Quaranta leggevano le sue strisce sul periodico cattolico ''Il Vittorioso'' agli studenti piccoli e grandi che nei decenni successivi hanno annotato i compiti e molto altro nel celebre Diario Vitt.
Nel centenario della nascita, a Termoli il 19 marzo 1923, viene ricordato da una fitta serie di eventi nella sua città natale, da un francobollo di Poste Italiane appena emesso, e dal festival del disegno umoristico a Cortona (Arezzo) dal 27 maggio al 4 giugno. Nei giorni scorsi il libro ''100 anni con Jacovitti, di Stefano Milioni ed Edoardo Colabelli è stato presentato a Roma al Museo MaXXI, che a dicembre dedicherà una grande mostra all' artista molisano, in connessione con quella intitolata ''Tutte le follie di Jac'' che nel mese di ottobre si aprirà al museo Macte di Termoli. Al di là delle celebrazioni, Jac resta un monumento per la schiera di disegnatori venuti dopo di lui, anche per quelli che lo criticavano considerandolo di destra. L' accusa era alimentata non solo dal nome - che il padre, fascista, gli diede facendolo precedere a quello di un altro dittatore, Franco - ma anche dalle sue scelte professionali che lo videro lavorare per il Msi (''gratis'') e per la Democrazia Cristiana (''ma da loro mi feci pagare perchè i soldi li avevano''). In seguito, tra le sue molte collaborazioni figurarono Oggi, La Domenica del Corriere, il mensile Linus diretto da Oreste del Buono, e anni dopo il Partito Radicale, Il Male, Cuore, Tango e la rivista per adulti Playmen. La verità, chiarì in molte interviste, è che lui si definiva un anarchico liberale, insofferente alla destra e alla sinistra - con prese in giro anche del movimento studentesco - pur dichiarando di apprezzare Berlusconi e Fini.
Grandi occhiali neri, il sigaro come eterno compagno, Jacovitti aveva cominciato a disegnare da bambino. Da Termoli la famiglia si trasferì nella vicina Ortona e poi a Firenze dove il giovane Benito frequentò il liceo artistico. Nel 1946 l' arrivo a Roma e nel 1955 l' inizio della collaborazione a Il Giorno, con la nascita di Cocco Bill per il supplemento per ragazzi.
Nella Capitale, oltre all' incontro con i grandi nomi dello spettacolo - Fellini, Marchesi, Steno... - conobbe Floriana Jodice, l'amore della vita, che sposò nel 1949. Il 26 novembre 1997 Jacovitti uscì di casa per fare un giretto. Ebbe un ictus e fu ricoverato in ospedale dove morì il 3 dicembre. Tre ore dopo morì anche la moglie. ''Franco e Lilli sono andati via - ricorda nel sito Jacovitti.it la figlia Silvia -. Zitti, zitti, senza far rumore, leggeri come piume, sempre innamorati''.
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