(di Luciano Fioramonti) (ANSA) - ROVIGO, 24 FEB - Renoir guarda a Rubens, De Chirico guarda a Renoir. Il gioco di tele che abbraccia tre secoli spiega come il maestro francese seppe andare oltre la stagione dell' Impressionismo che lo aveva visto tra i protagonisti. Con il viaggio in Italia cominciato nell' ottobre 1881 il pittore di Limoges si confrontò da vicino con i classici dell' arte - Tiziano e Carpaccio, che già aveva conosciuto al Louvre - scoprendo Tiepolo a Venezia, passando per Firenze e Roma dove fu folgorato dagli affreschi di Raffaello a Villa Farnesina, Napoli e Capri con la pittura pompeiana, fino a Palermo. Dopo questo suo Grand Tour fatto a 40 anni per cercare stimoli e strade nuove, il suo sguardo si volse ai giganti del passato, a Rubens e ai maestri del Rinascimeno italiano, elaborando una ''moderna classicità'' che ispirò dagli 1910 al periodo tra le due guerre molti artisti, soprattutto italiani, orientati verso il richiamo all' ordine come reazione al furore delle avanguardie. Si sofferma su un altro Renoir, dunque, la mostra che a Rovigo fino al 25 giugno riunisce 47 sue opere, tra dipinti, disegni e incisioni, concessi da musei italiani e stranieri e da collezioni private, accostandole ad altrettante che comprendono i maestri dai quali imparò, Ingres in particolare, e autori della generazione successiva. ''Il suo obiettivo non cambia rispetto al periodo impressionista, l' attenzione alla natura e alla luce, ma cambia la modalità - osserva Paolo Bolpagni, il curatore -. Questa fase matura non mostra un pittore decadente ma l' anticipatore di una nuova sensibilità, più moderno, un precursore''. E a lui che si ispira, dichiarandolo apertamente, Giorgio De Chirico quando a partire degli anni Venti ha il suo ''ritorno al mestiere''. E' proprio La tela Arianna a Naxos, che il maestro della pittura metafisica dipinse del 1932, accostata alle Ninfe di Rubens del 1622, davanti sensuale Bagnante che si asciuga che il francese dipinse nel 1912-1914 , a suggerire la chiave di lettura dell' intera esposizione di Palazzo Roverella, il suo l' occhio puntato al passato e l' influenza su quanti vennero dopo di lui.
''Renoir, l' alba di un nuovo classicismo'' si apre con due capolavori impressionisti, Le moulin de la Galette del 1875 e la sinuosa figura Apres le bain del 1878, seguiti dai dipinti degli ''italiens de Paris'' coevi, Boldini, Zandomenighi, De Nittis e due Medardo Rosso. Seguono le due sculture di donna, il bronzo classicheggiante di Aristide Maillol del 1940 accanto alla giovinetta più materica e misteriosa di Marino Marini del 1938 di fronte alla ''Piccola Venere in piedi' del 1913 di Renoir che arriverà nei prossimi giorni. Del viaggio in Italia come spartiacque del ripensamento seguito alla esperienza impressionista spicca La Bagnante Bionda, proveniente dalla Pinacoteaca Agnelli di Torino. ''E' il ritratto di Aline Charigot, la giovane modella che diventerà sua moglie - spiega Bolpagni -. Renoir mise mano a questo dipinto meraviglioso nel 1882 subito dopo il rientro in patria. Ma Annine non è più la ragazza bellissima, diventa una dea Venere con il golfo di Napoli alle sue spalle, uno sguardo italiano che abbiamo voluto sottolineare''. I volti di donna, fa notare il curatore, non esprimono più l' espressione di uno stato d' animo fugace ma l' essenza della bellezza, l' elemento di pura natura.
Un cambiamento dimostrato dall' attenzione al dettaglio e alla forma nei disegni accostati a quelli di Ingres e nelle nature morte per il tentativo di ''mettere la luce nella pittura senza per forza farlo en plein air'', con la luminosa pennellata delle Rose in un vaso (1900) accanto alle Dalie di De Pisis del 1932. Infine, la pagina dei ritratti di Gabrielle, la bambinaia che fino al 1914 rimase in famiglia prendendosi cura di Jean, che sarebbe diventato uno dei grandi registi del Novecento, e il gruppo di dipinti affascinanti di Armando Spadini - da De Chirico definito ''il Renoir d' Italia'' -, Carlo Carrà e Bruno Saetti.
Nella prefazione al trecentesco Libro dell' Arte di Cennino Cennini, Renoir afferma che dalla pittura pompeiana, che tanto lo colpì a Napoli, fino a Corot c' era stata stata una linea di continuità nel tramandarsi tecniche e stili che il positivismo, il razionalismo e la società industriale avevano spezzato e andava riallacciato. ''L'artista - rimarca Bolpagni - parla al di fuori della propria epoca, cerca un legame con la natura e la verità che è al contempo moderno ma fuori dal tempo. Guarda alla tradizione ma resta libero e innovatore. La sua è una pittura di grande solidità che non bada alle mode ma aspira a ciò che non è effimero, alle cose che restano''. La mostra racconta un pittore che rimase giovane fino all' ultimo, costantemente assorbito nella sua ricerca, sempre pronto a cambiare e ad andare avanti nonostante l' artrite reumatoide gli impedisse di tenere in mano il pennello. ''Fleurs'', fiori, pare abbia detto prima di morire. Ma a rappresentarne meglio lo spirito sono quelle ultime sue parole, ''Sto cominciando a capire qualcosa''.
(ANSA).
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