VENEZIA -"La storia dell'architettura non è sbagliata, è incompleta" dice Lesley Lokko, curatrice anglo-ghanese di "The Laboratory of the Future", la 18. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia che centra l'attenzione su una realtà "esclusa", il continente africano. Assente anche quest'anno il padiglione russo, come è avvenuto nel 2022 per la mostra d'arte, la Biennale apre a ospitare quello ucraino. Una scelta fortemente criticata in serata dal sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi, che parla di "ingiusta discriminazione rispetto alla creatività" e protesta per la mancanza di "interlocuzione con il governo": "La politica non deve interferire ma neanche essere scavalcata".
La Biennale subito dopo replica: "Le partecipazioni nazionali sono iniziativa autonoma e indipendente dei paesi, richieste direttamente alla Biennale dalle autorità governative competenti dei rispettivi paesi. L'anno scorso la Russia ha deciso di ritirarsi autonomamente dalla Biennale Arte mentre quest'anno, ad oggi, non ha fatto richiesta di prendere parte alla Biennale Architettura all'interno del proprio padiglione ai Giardini".
"Per la prima volta, i riflettori - rileva Lokko - sono puntati sull'Africa e sulla sua diaspora, su quella cultura fluida e intrecciata di persone di origine africana che oggi abbraccia il mondo. Che cosa vogliamo dire? In che modo ciò che diremo cambierà qualcosa? E, aspetto forse più importante di tutti, quello che diremo noi come influenzerà e coinvolgerà ciò che dicono gli 'altri', rendendo la mostra non tanto uno storia unica, ma un insieme di racconti in grado di riflettere l'affascinante, splendido caleidoscopio di idee, contesti, aspirazioni e significati che ogni voce esprime in risposta ai problemi del proprio tempo?". Cambiamento e immaginazione, assieme a decolonizzazione e decarbonizzazione, sono alcune delle parole chiave dell'esposizione, articolata in sei parti, con 89 partecipanti, di cui oltre la metà provenienti dall'Africa o dalla diaspora africana, (tre i collettivi italiani), tra i Giardini della Biennale, l'Arsenale e a Forte Marghera, dal 20 maggio al 26 novembre prossimi. Nell'architettura, per la curatrice, "la voce dominante è stata storicamente una voce singolare ed esclusiva, la cui portata e il cui potere hanno ignorato vaste fasce di umanità - dal punto di vista finanziario, creativo e concettuale - come se si parlasse in un'unica lingua". Un ruolo importante per un "cambiamento", per l'inclusione di voci finora rimaste silenziose è rivestito dalle mostre, come quelle della Biennale. "Costituiscono un'occasione unica in cui arricchire, cambiare o rinarrare una storia, il cui uditorio e il cui impatto sono percepiti ben oltre le pareti e gli spazi fisici che la contengono". "La curatrice - sottolinea Roberto Cicutto, presidente della Biennale - parte dal suo continente di origine, l'Africa, per raccontarne tutte le criticità storiche, economiche, climatiche e politiche e per dire a tutti 'a noi è già successo molto di quanto sta accadendo al resto del mondo. Confrontiamoci per capire dove si è sbagliato e come va affrontato il mondo'. E' un punto di partenza che invoca l'ascolto di fasce di umanità lasciate fuori dal dibattito, e apre a una molteplicità di lingue zittite per molto tempo da quella che si considerava dominante di diritto in un confronto vitale e improcrastinabile". E' una mostra in cui i progetti e le idee presentate vedono un equilibrio di genere e dove l'età media dei partecipanti è di 43 anni, che scende a 37 nei Progetti speciali della curatrice centrati su temi come il cibo, i cambiamenti climatici, la geografia, il genere, "Ospiti dal Futuro". Il 46% degli invitati poi considera la formazione " come una vera e propria attività professionale" e il 70% delle opere esposte è stato progettato da studi prestiti da un singolo o da un team molto ristretto. "Al cuore di ogni progetto - dice Lesley Lokko - c'è lo strumento principe e decisivo: l'immaginazione. E' impossibile costruire un mondo migliore se prima non lo si immagina". L'esposizione prende avvio dal Padiglione Centrale dove sono riuniti 16 studi che rappresentano "un distillato di force majeure (forza maggiore) della produzione architettonica africana e disporica", per poi svilupparsi all'Arsenale e a Forte Marghera con le altre sezioni. Le partecipazioni nazionali sono 63, con il Niger per la prima volta e il ritorno della Santa Sede. Il Padiglione Italia, curato dal Collettivo Fosbury Architecture (Giacomo Ardesio, Alessandro Bonizzoni, Nicola Capri, Veronica Caprino, Claudia Mainardi), presenterà la mostra "Spaziale: Ognuno appartiene a tutti gli altri". Ci saranno anche tre partecipazioni speciali: il regista Amos Gitai, il poeta-architetto Rhael 'LionHeart' Cape Hon Friba e il fotografo James Morris.