Con le sue incursioni in Ucraina Banksy ha colpito le coscienze, ma ha provocato anche un prevedibile effetto emulazione. Su alcuni social sono comparse immagini di disegni che qualcuno vorrebbe attribuire all'artista geniale di Bristol. "A prima vista sembrano proprio dei falsi, nessuno di questi per ora può essere considerato plausibile", dice all'ANSA Stefano Antonelli, curatore con Gianluca Marziani delle principali mostre organizzate in Italia sullo street artist più famoso del mondo. Banksy finora ha riconosciuto volta per volta tutte le opere fotografate nei dintorni di Kiev e diffuse nei giorni scorsi dal fotografo Ed Ram, che è sulle sue tracce. "La sua firma manca all' appello solo per la giovane ginnasta con il bastoncino e il nastro - spiega -. La particolarità è che l'artista non ha utilizzato il suo account ufficiale, seguito da oltre 11 milioni di persone, ma un nuovo account instagram, banksygrossdomesticproduct, meno frequentato, diciamo più intimo e ristretto. Potrebbe essere un gioco d'artista".
La serie dei 'Banksy ucraini' si è aperta con il bimbo judoka, i bambini che giocano su un cavallo di frisia come un'altalena, la giovane ginnasta in equilibrio a testa in giù sulle macerie di un edificio distrutto dalle bombe e, appunto, quella ancora apocrifa dell'altra ragazzina atleta. A questi lavori si sono aggiunti nei giorni successivi l'uomo barbuto che potrebbe far pensare - ma non c'è conferma - ad Alexander Dugin, l'ideologo di Putin, immerso in una vasca da bagno; la casalinga in bigodini e vestaglia con maschera antigas ed estintore e l'immagine di un mezzo militare con il disegno con tracciato a mano di un enorme fallo sulla piattaforma che dovrebbe trasportare un cannone.
Antonelli ha parlato del geniale street artist inglese con Duma Fatum, considerato il re dei graffitari ucraini. "Sono contento che Banksy abbia voluto contribuire con la sua sensibilità alla causa ucraina - gli ha detto Fatum -. Certo, sarebbe bello se decidesse di aprire un dialogo anche con gli artisti locali che vivono ogni giorno sulla propria pelle gli effetti della guerra".
I raid di Banksy, secondo Gianluca Marziani, sono il risultato di una lunga attesa. "L'artista ha deciso di intervenire proprio nel climax di questa fase decisiva della strategia di guerra - osserva -. Anche la scelta dell'estetica della distruzione ha una grande rilevanza. Lui lavora sulle macerie per ricostruire con la poesia, lanciando un messaggio anche a chi poi dovrà ricostruire concretamente ripensando i luoghi". Per Marziani, che con Antonelli firma il libro 'Banksy' edito recentemente da Giunti tradotto in otto lingue e in via di pubblicazione anche in farsi, "gli 'atti poetici' dell'artista lavorano su una immagine negativa che diventa positiva. Banksy è l'unico artista al mondo a sporcarsi le mani, a lavorare dal vivo dentro la distruzione, mentre avviene, in mezzo ai proiettili ed è questo a fare la differenza". L'Ucraina, dunque, come la Palestina dove Banksy colpì nel 2003 lasciando su un muro nell'area di Betlemme una delle sue immagini più famose, 'Love is in the air' conosciuta anche come 'Flower thrower', il giovane mascherato di una simbolica Intifada pacifista che invece di lanciare sassi è ritratto nell'atto di scagliare un mazzo di fiori.