ROMA - Aiutare a capire la storia dei popoli passando dallo sguardo di insieme sui confini delle nazioni all'analisi del particolare, entrando sempre più a fondo tra le pieghe delle zone coinvolte nei conflitti. Dopo trent'anni passati a disegnare le mappe e le cartine di Limes, la rivista italiana di geopolitica, rendendole uno strumento determinante per interpretare il passato e il presente, Laura Canali ha elaborato una sua chiave più intima e personale di lettura del mondo. Creare arte ispirandosi ai versi dei poeti che parlano di luoghi, lasciandosi guidare dalla geopoesia è il senso della mostra 'Pietre e miraggi' che affianca appunto le copertine divenute una sorta di marchio della celebre rivista alle installazioni e ai 'quadri' realizzati in questi ultimi anni. C'è tempo ancora fino al 4 novembre per avvicinarsi ai lavori della cartografa romana che si snodano nelle magnifiche sale della Fondazione Besso, lo scrigno nel cuore della capitale che custodisce tra l'altro una ricchissima collezione di libri su Roma. Il viaggio di Laura Canali segue un filo concettuale tra il reale e l'immaginario, che mette insieme opere diverse, dalla installazione del 2022 che dà il titolo alla mostra, taglio laser su plexiglass specchiato posato sul pavimento, a Vulcano, mappa ricamata a mano con fili colorati di lana e cotone su tela di juta, al suggestivo effetto tessuto prodotto dalle stampe digitali multicolori su lastre di alluminio graffiato che riproducono i profili di continenti, coste e isole. "Faccio geopoesie dal 2011 - spiega - e nascono in conseguenza della geopolitica. Quando guardi sempre dritto in faccia il mondo con tutti i suoi orrori non ne puoi più e ho cercato cose che potessero ridarmi fiducia. Ho visto che molti poeti usano i toponimi nelle loro composizioni. Non sono poesie semplici ma si entra in un gioco di scatole cinesi, scoprendo la geopoesia come una geografia dell' anima, una chiave che aiuta a capire i conflitti perché ti mostra i sentimenti di chi ha vissuto certi episodi". Tutto è cominciato con Paul Celan, poeta romeno che, per non nominarla, chiama la Germania 'zona dei popoli muti', al quale sono seguiti lavori su Ungaretti, Osip Mandel'stam fino a Ingeborg Bachmann - austriaca morta a Roma nel 1973 - secondo la quale la Mitteleuropa aveva partorito il nazismo e solo vivendo dove ci sono vulcani (lei dopo la seconda guerra mondiale scelse Napoli) - l' essere umano può fondersi e rinascere completamente nuovo. ''La ricerca artistica si è sviluppata attraverso questa geografia letteraria e poetica e a modo mio ho ricostruito queste mappe, anche ridisegnando e spostando confini e stati". Le Geopoesie e le cartine di Limes scorrono tra le stampe antiche, le boiserie e gli arredi delle sale della Fondazione Besso. "Con le mie mappe geopolitiche - spiega - ho cercato di offrire le chiavi di accesso di un territorio. I luoghi del mondo, macro o micro, hanno tutti un centro, un qualcosa che necessita uno scavo per comprendere". La geopoesia è, invece, una via di fuga, un punto di vista diverso dove a giocare un ruolo fondamentale sono i sentimenti umani. "Il nostro mondo - conclude - è un insieme di pietre, la concretezza della realtà, e miraggi, la capacità dei voli pindarici. Senza geopolitica non esisterebbe la geopoesia.
Il concreto e il sentimento si incontrano lì, dove il cammino orizzontale incrocia incontra quello verticale".
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