(ANSA) - ROMA, 23 OTT - Non solo le ricerche sulla luce e sul movimento, le linee di forza, gli studi sul volo delle rondini, la scomposizione delle figure, le geometrie cromatiche delle compenetrazioni iridescenti. Nella ricerca futurista di Giacomo Balla c' era anche tanto cielo, molto prima che l'esplosione dell'Aeropittura codificata dal Manifesto pubblicato nel 1929 ne facesse lo scenario del nuovo punto di vista sul mondo. Gli stessi titoli di molte sue opere dell' epoca lo confermano, da Orbite Celesti e Spazio+velocità, (1913) a Mercurio passa davanti al Sole e Linee di velocità+cielo+rumore, dell' anno successivo, ai velivoli di Aeroplani (1920) o alla pattuglia di Aerombre (1922).
Il pittore torinese, che dopo la morte accidentale in guerra di Umberto Boccioni era diventato il maestro indiscusso dell' avanguardia fondata da Marinetti, aveva ancora una volta anticipato i tempi e indicato una strada. I suoi dipinti di quel periodo sono messi a confronto con i lavori realizzati a cavallo degli Anni Trenta e oltre dagli altri grandi nomi futuristi, da Enrico Prampolini a Giulio D' Anna, da Gerardo Dottori a Fillia, Tato, Pippo Oriani, Roberto Marcello Baldessari, Tullio Crali nella mostra ''Le forze del cielo'' che la galleria romana Futurism & Co propone fino al 15 febbraio prossimo. Un gioco di analogie per dimostrare quanto avessero in comune le opere di artisti tanto diversi per scelte e stili. ''Per Balla - spiegano i promotori - il cielo, lo spazio e il cosmo sono un tutt'uno con gli altri elementi con cui interagiscono. Il cielo per lui non è una entità fissa e immutabile nel quale si situano gli oggetti. Sommato alle linee di velocità e ai rumori esso diventa la forza stessa che la sua percezione visiva dà all'esperienza, ovvero la forma dinamica''.
Lo scoppio della prima guerra mondiale, osserva Maurizio Scudiero in uno dei testi in catalogo, aveva dimostrato il ruolo importantissimo dell' aereo. Seguirono poi gli anni gloriosi delle trasvolate e dei record di velocità e altezza che contribuirono alla costruzione del mito dell'aviazione italiana.
Molti artisti, chi più chi meno, sperimentarono l' emozione di salire su un aereo e a trasferirla sulla tela e già negli anni Venti avevano mostrato i segni di quella adesione generale all'epica del volo celebrata dal manifesto dell'Aeropittura firmato da Marinetti con Balla, Depero e altri. La mostra, pur nello spazio davvero esiguo della galleria, affianca ai lavori dei nomi di spicco del movimento i dipinti di autori meno conosciuti dal grande pubblico come Arturo Ciacelli, Enzo Benedetto, Alfredo Gauro Ambrosi, Alessandro Bruschetti, Pippo Rizzo. Spicca in particolare la mano femminile di due artiste, Benedetta Cappa, moglie di Marinetti, ed Elica Balla, la figlia di Giacomo, quest'ultima con quel suo suggestivo Cielo di pastelli colorati del 1948, fuori quindi dall'ombrello cronologico futurista. Ballelica, così si firmava negli anni Venti, aveva cominciato ad esporre con il padre a Milano nel 1929 ma fu dal 1935 - ricorda Elena Gigli nel catalogo - che lo studio del cielo e delle nuvole cominciò ad occuparle la vita. E se l'illustre genitore l'aveva chiamata fin da bambina proprio ''la piccola acchiappanuvole'', nel 1946 il critico Renzo Fanti andò oltre definendo i suoi Cieli ''finestre aperte sull'infinito''. (ANSA).