Capita spesso, qui in Italia, che ci si perda con un passo lento e si percorrano le strade secondarie, quelle che il turista classico non frequenta. Si fanno allora delle piccole grandi scoperte, Roccalvecce, incantevole borgo medievale dell'alta Tuscia, è una di queste.
Appena giunti, si rimane affascinati dalla sua struttura, una collina tufacea percorsa da una strada principale lastricata di pietra basaltina, dove le case antiche si fondono una nell'altra, in un abbraccio secolare che sa di storia, di fatica umana, di comunità. E poi ci si perde nei vicoli laterali, stretti, dove si respira quel profumo di antico, ed ecco, all'improvviso, ci si trova in una piccola piazzetta incorniciata da vasi di fiori, si alza lo sguardo e si è rapiti dalla presenza di un Angelo, che con le sue ali dispiegate sta lì, quasi a nostra protezione e a fargli da coro altri Angeli e Arcangeli, tutti raffigurati sulla pietra d'ardesia, che rappresenta il lasciarsi scorrere la rabbia, l'egoismo, l'invidia. Le figure bianche, eteree, in contrasto con la pietra nera, rappresentano la dualità dell'uomo e dell'universo, l'oro delle ali, il divino. Quasi un esercito del bene, che si sta espandendo nel borgo, li trovi su altre case, sugli sportelli dei contatori, come muta e rassicurante presenza di chi ci ha preceduto ed ora veglia su tutti noi, in questo paese ora spopolato ma che ci racconta una storia millenaria.
Si continua a salire lungo la strada che serpeggia tra le case, al culmine, eccola aprirsi in una piazza incorniciata dalle antiche case, come in un grande abbraccio e dominata dall'imponente castello Costaguti. Nel 1555 Camillo Colonna, figlio di Ottaviano, lo cedette ad Alberto Baglioni i cui figli, Vincenzo e Paolo, trovatisi in gravi difficoltà economiche, nel 1642, furono costretti a vendere a Prospero Costaguti, patrizio genovese e cittadino romano. Successivamente nel 1685 Giovanni Giorgio Costaguti acquistò il rimanente 1/6 del castello ancora di proprietà della famiglia Chigi. Da allora fino ad oggi il Castello di Roccalvecce è sempre stato proprietà della famiglia Costaguti. Una dimora storica nella quale si respira ancora l'aria degli antichi fasti e 'cuore' geografico della Tuscia per gite nei dintorni ma anche in Toscana ed in Umbria, trekking, degustazioni di vini a partire dall'Est, Est, Est di Montefiascone, visite alle città d'arte e giornate alle terme.
Il castello, con il suo immenso parco con giardini all'italiana, consente anche giornate di relax e bagni in piscina.
La storia di questo borgo affonda le radici nella civiltà Etrusca, successivamente Romana, ma la sua importanza viene raggiunta nel medioevo, molti i feudatari che si sono succeduti nel corso dei secoli: i Baglioni, i Colonna, i Chigi ed ultimi i Costaguti alla fine del 1600 ed ancora presenti a Roccalvecce, ma la presenza della nobile famiglia Gatti di Viterbo ha segnato la storia del Borgo. I Gatti, provenienti dalla Bretagna, si stabiliscono a Viterbo intorno al 1200, di fede Ghibellina, più volte sono a guida della città, con Raniero Gatti Viterbo si espande, consolida il proprio potere e si arricchisce di splendidi monumenti: Il palazzo Gatti, di cui rimane una porzione nel quartiere S.Pellegrino, ma soprattutto il palazzo papale con la sua splendida loggia simbolo di Viterbo. Proprio nel periodo dei Gatti, Viterbo diventa sede Papale per oltre trent'anni e proprio nello stesso periodo, in occasione dell'elezione del Pontefice, Raniero Gatti chiude a chiave nel palazzo papale (cum clave) i Cardinali che non riuscivano ad eleggere il Papa e dà inizio al "conclave" così come noi lo conosciamo oggi. La storia della famiglia si conclude tragicamente nel 1496 proprio tra Celleno e Roccalvecce, l'ultimo discendente della famiglia, Giovanni Princivalle Gatti, signore di Roccalvecce e podestà di Celleno, viene privato proprio del feudo di Celleno da Papa Alessandro VI Borgia.
Giovanni Gatti si ribella al volere del Papa, si asserraglia con tutta la sua famiglia nel castello di Celleno, il Papa assolda Bernardino d'Alviano, grande condottiero al soldo degli Orsini, lo stesso irrompe nel castello di Celleno, cattura Giovanni Gatti e dopo averlo torturato per farsi confessare dove custodisse le proprie ricchezze, assiste al suo omicidio. Papa Alessandro VI si impadronisce degli averi dei Gatti, condanna la moglie Ippolita al confino e le quattro figlie femmine di Giovanni sono costrette ad andare in sposa ad altrettanti nobili per non perdere il titolo. Finisce così una delle più nobili famiglie che hanno fatto la storia di Viterbo.
Il prossimo 9 settembre alle 21.30, nella splendida piazza di Roccalvecce, l'associazione "i figuranti de la Contesa", metterà in scena questa tragica storia, proprio nei luoghi dove si è consumata, un tuffo nel passato in un luogo suggestivo, una della tante storie che vale la pena di essere narrata, per far rimanere vive le nostre radici, per fare rivivere questo meraviglioso borgo caduto nell'oblio. (ANSA).