(ANSA) - ROMA, 20 GIU - ALBERTO TOSO FEI E DESI MARANGON, I GRAFFITI DI VENEZIA (LINEADACQUA EDIZIONI PP 240, EURO 35) FOTOGRAFIE DI SIMONE PADOVANI Oltre 6.000 graffiti, fra quelli ancora leggibili, mappati in cinque anni di ricerca. Un immenso patrimonio nascosto è diventato il primo grande libro su 'I Graffiti di Venezia' dello scrittore e narratore di Venezia Alberto Toso Fei e della storica Desi Marangon, in libreria dal 20 giugno per Lineadacqua Edizioni.
Un lavoro imponente di scoperta e ricognizione serrata che ha riguardato Venezia e le sue isole che ci fa rivivere antiche storie dipinte o incise lungo le calli, le corti, i palazzi e le chiese della città con segni databili da poco dopo l'anno mille alla metà del Novecento. In 30 capitoli, con una selezione di oltre 350 immagini, tra rilievi grafici e fotografie scattate da Simone Padovani, è un libro molto elaborato e documentato ma scritto in maniera discorsiva.
Su una colonna di Palazzo Ducale, in piazza San Marco, esiste un graffito in glagolitico, il più antico alfabeto slavo che precedette il cirillico, datato 1470. È stato tracciato con tutta probabilità dal primo stampatore croato, Bla Baromi?, che in laguna era venuto a imparare le tecniche di stampa. Si trovano anche memorie che, tra il Cinque e Seicento, raccontano dell'elezione di diversi dogi, o del giubilo per la costruzione del Ponte di Rialto.
"Scoprire questi segni - dice Alberto Toso Fei - è stato come estrarre tanti diamanti da una miniera: piccoli frammenti di storie che le pietre di Venezia serbano e sono ancora capaci di raccontare, se si ha la capacità di mettersi in ascolto. C'è un parallelo evidente tra questo lavoro e i miei libri basati sul recupero della tradizione orale: è la restituzione del racconto ai luoghi, presìdi di memoria popolare altrimenti destinata ad andare perduta che improvvisamente si rivelano in modo nuovo e inedito, capaci di stupire anche a distanza di secoli".
Tra le colonne di Piazza San Marco si leggono anche i proclami del 1848 che inneggiano alla Repubblica di San Marco voluta da Daniele Manin e Niccolò Tommaseo. Tra i marmi antichi anche il crollo del campanile di San Marco, descritto a matita con una scrittura veloce il 14 luglio 1902 e l'esecuzione dell'anarchico Francisco Ferrer, avvenuta pochi anni più tardi.
Piccoli e importantissimi presìdi di memoria dove troviamo anche una "chiocciola", uguale a quella che c'è sulle nostre tastiere, antico simbolo commerciale veneziano, datata 1745.
"Ciò che davvero vogliamo è raccontare Venezia attraverso una prospettiva del tutto originale - spiega Desi Marangon - basata su migliaia di testimonianze inedite, ignorate per secoli e ora riscoperte tutte insieme. In questa narrazione, i monumenti si stagliano sullo sfondo ma i veri protagonisti sono i Veneziani: i graffiti incisi sui monumenti diventano monumenti essi stessi, e raccontano la storia di una Venezia fatta non solo di dogi e grandi battaglie, ma anche di voci dai margini".
"I Graffiti di Venezia", che ha già ricevuto il Patrocinio dei Comitati Privati Internazionali per la Salvaguardia di Venezia, è anche una pagina Facebook e un profilo Instagram.
(ANSA).