TRIESTE - Nelle intenzioni del fotografo, le gigantografie si staccano dalle pareti e scendono ad abbracciare lo spettatore, per poi tornare al muro. E' la "dimensione del sogno, è oniricità; la foto è una giovane arte, è utile portarla per strada e farla conoscere il più possibile". Così Maurizio Galimberti, spiega la retrospettiva inaugurata nell'esclusivo borgo di Portopiccolo, fuori Trieste, ricavato tra le falesie cantate da Erich Maria Rike.
Si tratta di 16 iconiche opere, in esposizione fino al 19 Settembre, "Esterno d'autore: fotografie nel borgo". Immagini "en plein air" lavoro di una vita, cui si aggiungono 4 nuove opere al chiuso di ritratti di animali e una stilizzata rappresentazione della propaganda cinese. Seguendo il personale stile caleidoscopico e frammentario, moltiplicatore di frazioni di immagini, rifacendosi alla frettolosa velocità del tono futurista di Boccioni, per arrivare al 'Nudo che scende le scale' di Duchamp, Galimberti innerva la placidità del borgo di nervosi scatti dove da un muro occhieggia la sobrietà di Sting dall' altro l'allegria della Vucciria, una Lady Gaga concentrata e la fragilità della vecchiaia in Lalla Romano. E poi Parigi, Roma, Marrakech, Clooney, Sherer, Bardem.
Galimberti rifiuta l'etichetta di cubismo o di tratto picassiano, parla di 'ready made' e si inoltre entusiasticamente lungo un percorso che dalla fotografia scivola nella pittura: dinamica "che diventa realtà con la possibilità di modificare colori e alterare la realtà" della foto. E' un "riappropriarsi: prendi un soggetto, lo abbracci e quando hai finito gli hai dato un'altra fisicità". Citando Doisneau, precisa: "Il mio progetto non è porre domande ma lasciare allo spettatore dare una risposta".
Galimberti ha appena presentato un libro, "Inside the cathedral of work" (Marsilio) con Fontana Group, attende il 7 luglio data dell'uscita di una sua biografia e con Paolo Ludovici ha in cantiere un progetto e un libro sulla strage di Marcinelle, "una carezza buona a queste persone morte barbaramente. Mi manca il duro mestiere del fotoreporter, questo è anche un omaggio ai fotoreporter morti". (ANSA).