ROMA - Troneggiante al centro di una grande vetrina, l'elegante giara rossa a disegni bianchi offre il primo racconto tutto 'etrusco' dell'accecamento di Polifemo, una rivisitazione in chiave locale dell'episodio cantato da Omero, con il gigante che qui è rappresentato come un aristocratico tirreno seduto su una sedia che la narrazione originale non cita. Risale al VII secolo a. C., è stata restituita dal Getty di Los Angeles, ed è solo uno dei tanti gioielli che fanno bella mostra di sé nello spazio intrigante dell'Aula Ottagona a Roma che da oggi ospita il nuovo Museo dell'Arte Salvata, voluto dal ministro della Cultura Franceschini per dare il massimo della visibilità ai tantissimi reperti che ogni anno vengono recuperati e riportati in Italia grazie al lavoro dei carabinieri dei beni culturali (Tpc). Un museo simbolo dell'impegno italiano per la tutela del patrimonio culturale, "un'iniziativa che dimostra ancora una volta come in questo settore l'Italia abbia una leadership internazionale", commenta soddisfatto il ministro, inaugurando alla presenza del comandante generale dell'Arma dei Carabinieri Teo Luzzi e del comandante dei carabinieri della cultura Roberto Riccardi. "I nostri carabinieri per la tutela del patrimonio culturale - insiste Franceschini alla vigilia del summit che riunirà da domani a Napoli e proprio su questi temi 30 ministri del Mediterraneo - sono un'eccellenza riconosciuta in tutto il mondo". Intorno a lui le vetrine colme di piatti, crateri, coppe, teste votive, raccontano la storia di una drammatica, continua spoliazione e di un incessante, meticoloso lavoro di contrasto alla piaga degli scavi illeciti. Una storia di grandi successi, se si pensa che dal 1969, l'anno della sua costituzione, il nucleo dei carabinieri per la tutela per il patrimonio culturale ha riportato a casa ben 3 milioni di oggetti e sequestrato oltre 1,3 milioni di opere contraffatte. Ma anche una storia in cui il lieto fine molte volte è solo parziale. Perché per tantissime di queste meraviglie, scavate di frodo e poi esportate clandestinamente all'estero e rivendute, il preciso luogo di origine purtroppo non si potrà mai più indicare con certezza. Quello che da domani, 16 giugno, e fino al 15 ottobre rimarrà in mostra nel nuovo museo, racconta il dg Musei del MiC Massimo Osanna, è parte di un poderoso corpus di oggetti restituiti dagli Usa nel 2021, con numerosi pezzi di archeologia provenienti da diverse civiltà, oggetti romani, etruschi, apuli, della Magna Grecia, come lo splendido piatto da pesce attico a figure rosse con una testa barbuta del V sec. a.C. o la commovente testa votiva in terracotta del IV sec. a C., che dovrebbe provenire invece da uno stipe etrusco-laziale. "In questo senso la mostra sarà la prima tappa di un percorso di ricerca e di valorizzazione che riporterà le opere nei territori di provenienza", precisa Osanna. Accanto a lui il direttore del Museo Nazionale Romano Stéphane Verger, che del nuovo museo è il padrone di casa, si augura un futuro di "grandi mostre". L'idea del resto è proprio questa, "offrire una vetrina" ai tesori che tornano in Italia per poi cercare di restituirli il più possibile ai loro contesti di origine. Franceschini cita il rientro qualche anno fa del Cratere di Eufronio, che dopo quella che era stata pensata solo come una mostra temporanea nella 'sua' Cerveteri si decise di lasciare nella cittadina laziale. "Così deve essere - ripete - le opere devono tornare nei territori di provenienza, ma prima è giusto che siano visibili a tutto il mondo e l'Aula Ottagona è un luogo bellissimo, al centro della città". Anche in questo caso un inizio, perché, accenna Franceschini, si pensa di riprendere il progetto immaginato alla fine degli anni '80 per riunificare in un'unica area archeologica (chiudendo un tratto dell'attigua via Cernaia) le antiche strutture diocleziane. I contatti con il Comune sono avviati, il ministro ci conta: "Diventerebbe davvero una cosa splendida".