"Darei l'intera Montedison per una lucciola", scriveva Pasolini nel 1975. Così lontano e così vicino, se pensiamo che a cinquant'anni di distanza da quell'editoriale che fece scandalo sulla prima pagina del Corriere della Sera, i temi all'ordine del giorno non sono poi così cambiati, con la crisi economica e quella ambientale, le migrazioni, le guerre, che allora come oggi rimangono all'ordine del giorno. E proprio da questi temi e dalle urgenze di questo nostro tempo incerto prende le mosse "Storia della notte e destino delle comete", il progetto di Gian Maria Tosatti che dal 23 aprile racconterà alla Biennale Arte di Venezia il Padiglione Italia curato da Eugenio Viola. Per la prima volta nella storia dei padiglioni italiani quella che ci troveremo di fronte sarà dunque l'opera di un solo artista, sottolinea presentandola a Roma Ninni Cutaia, il dg creatività del ministero guidato da Franceschini, che del Padiglione nazionale è il commissario. E sarà una rappresentazione site specific articolata in due atti come un'opera teatrale. Per raccontare il buio di una notte di sogni perduti e di fallimenti, quella dell'Italia tradita dalle aspettative del boom economico, ma anche per indicare una via di speranza, fanno notare unanimi l'artista e il curatore per i quali "l'ottimismo è una necessità etica". Quello che ci aspetta in laguna è quindi un Padiglione Italiano "fortemente immersivo", articolato in due atti, come un'opera teatrale e che citando le opere di tanti scrittori italiani, da Ermanno Rea al Saviano di Gomorra, vuole raccontare del "difficile equilibrio tra Uomo e Natura, tra sviluppo sostenibile e territorio , tra etica e profitto", in grande sintonia insomma pure con il progetto complessivo della Biennale firmata da Cecilia Alemani, come sottolinea ammirato il presidente della Biennale Roberto Cicutto. Capelli brizzolati e maglione blu, Gian Maria Tosatti, classe 1980, indicato a settembre 2021 anche come direttore della Quadriennale di Roma e per questo oggetto di non poche polemiche, si racconta con una serie di aneddoti legati al teatro, suo primo amore, e cita Pasolini, appunto, per sottolineare quello che lui definisce il fallimento dell'era moderna, dell'Italia ma non solo par di capire dal racconto del suo viaggio di un anno fa ai confini tra Russia e Ucraina, "abbiamo perso la libertà, ma anche una guerra con noi stessi", ripete appassionato. Poi però ricorda anche Anna Maria Ortese e il suo invito all'ottimismo, "disegnare una via d'uscita dal buio è un dovere di ferro", sottolinea ricordandone le parole. Ecco quindi che nel suo progetto, ci sarà il racconto di una notte, quella appunto del fallimento del boom economico, seguito da un secondo atto di speranza che si conclude con un'epifania, "un finale che indica una via di evoluzione". Immagini in questa presentazione romana non ce ne sono, di più non si capisce: "Parlo di quello che non siamo riusciti a diventare fino ad oggi e di quello che dovremo diventare", sintetizza alla fine l'artista. Nessuna morale, per carità, "non è questo il compito dell'arte". Piuttosto uno stimolo come sempre dovrebbero fare le opere alle quali si chiede di "farci sentire il sangue bruciare nelle vene, una condizione insostenibile che esige il cambiamento". Profondamente vicini nel sentire, artista e curatore ricordano entrambi di essere legati da una consuetudine lavorativa lunga oltre dieci anni che ha avuto un momento di grande importanza nella mostra curata da Viola al Madre di Napoli nel 2016. "Vediamo i nostri progetti come un continuum", nota Viola attuale direttore del Mambo di Bogotà, "un romanzo per immagini di cui questo lavoro per la Biennale è il capitolo più importante", sottolinea ringraziando il ministro Franceschini che li ha scelti nella terna indicata dalla direzione creatività. Un capitolo che potrà contare su risorse finanziarie importanti visto che ai 600mila euro messi in campo dal MiC si sono aggiunti un milione e 450mila euro arrivati dai privati, in primis Sanlorenzo e Maison Valentino i due main sponsor. "Un segnale per il momento complicato che viviamo", ribadisce Cicutto che richiama il suo passato da produttore di cinema per sottolineare la forza evocativa ma anche così "cinematografica" del titolo scelto per il Padiglione 2022. Accanto a lui Franceschini applaude: Un progetto all'insegna della creatività e dell'innovazione ", commenta "un buon segnale per l'Italia e per la Biennale che è sotto gli occhi del mondo". E nell'attesa di stupirsi dal vivo a Venezia, l'augurio del ministro è davvero quello più condiviso, "che il 2022 sia il momento della definitiva ripresa".
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