LORETO - E' dedicata alla storia avventurosa e al successo travolgente, fin dalle primissime esposizioni in pubblico, della Madonna del Velo, uno dei più iconici dipinti di Raffaello la mostra "Raffaello e la Madonna di Loreto" in corso nella città-santuario fino al 17 ottobre, nel Museo Pontificio.
Una mostra, in parte tradizionale, in parte 'immersiva' e virtuale, organizzata dalla Delegazione Pontificia di Loreto e promossa dalla Regione Marche, con la consulenza scientifica dei Musei Vaticani, inserita nel programma delle celebrazioni per il quinto centenario della morte del pittore di Urbino, caduto nel 2020, e più volte rinviata a causa della pandemia. Storia avventurosa e misteriosa a cominciare dal doppio nome: Madonna del Velo o Madonna di Loreto, in origine esposta con quest'ultimo nome nella chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma di fronte ad un altro capolavoro del 'divin pittore', il ritratto di Giulio II. Di Loreto forse perché una pregevole replica di scuola raffaellesca fu donata al santuario della Santa Casa e collocata nella Sala del Tesoro tra il 1717 e il 1797. O più probabilmente per il legame con Giulio II, papa guerriero e uomo di cultura, dalla forte devozione mariana.
Parallela la vicenda dei due dipinti: il primo famosissimo, tanto da avere oltre 100 repliche e versioni, su tela, su tavola, in forma di disegno o incisioni, anche di mano di pittori come Parmigianino, Sebastiano Del Piombo e Raffaellino del Colle, tutte intitolate però Madonna del Velo. Il secondo meno celebre, ma abbastanza noto da dare in qualche modo il nome all'altro. Finirono entrambi in Francia al seguito delle truppe napoleoniche, uno prima al Louvre poi nel Museo Condé di Chantilly, dove è catalogato come Madonna di Loreto, l'altro in una chiesa di provincia, nel piccolo Comune di Moringis dove se perdono le tracce alla fine del XIX secolo. Tra il 1511-1512, periodo in cui si presume che l'opera sia stata realizzata, e l'approdo a Chantilly, ci sono secoli di passaggi di mano e attribuzioni, versioni, copie e perizie. Il percorso della mostra, a cura di Fabrizio Biferali e Vito Punzi, rende omaggio a questa storia ed è articolato in tre tappe: la ricostruzione della storia della committenza dell'opera originale con la proiezione di pagine di di antichi documenti, la parte 'emozionale' nel monumentale Salone degli Svizzeri, con una multivisione immersiva che narra i dettagli e l'anima del dipinto e delle sue riproduzioni, alcune presenti in mostra, altre proposte virtualmente. Nella terza tappa si possono visualizzare i dettagli di alcune opere grazie ad uno schermo di oltre 3 metri ad altissima definizione, sul quale il visitatore, con la tecnologia interattiva touchless, può richiamare con il solo gesto della mano nell'aria, i contenuti della mostra, grazie alle tecnologie multimediali, create e curate dal multi vision designer Paolo Buroni e dal team della Stark di Cagli.
Per l'arcivescovo e delegato pontificio Fabio dal Cin "nel mondo attuale dove rumore, chiasso e chiacchera sembrano imperare, l'intento della mostra è quello di donare un tempo di quiete, tranquillità e riflessione". La stessa che si può respirare nel capolavoro originale: il "quadro di Nostra Donna bellissimo", descritto dal Vasari, con Gesù Bambino (ma il velo, ammonisce il curatore Biferali, "è un presagio del sudario e della Passione") e, un po' indietro e di lato san Giuseppe, su uno sfondo scuro anonimo. Una scena che potrebbe essere ambientata nella Casa di Nazareth, secondo la tradizione trasportata a Loreto dove è ancora oggi oggetto di venerazione. "Un rilevante e quasi sconosciuto tassello della storia artistica di Raffello e del Santuario" secondo Barbara Jatta, direttore dei Musei Vaticani.
Per il presidente della Regione Marche Francesco Acquaroli, "ripartiamo da Loreto, luogo simbolico delle Marche, soprattutto dal punto di vista spirituale, ma anche per la ricchezza di beni culturali che racchiude". (ANSA).
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