«Ho così tanta nostalgia dell'Italia che quando ne scrivo viene fuori quel non so che di speciale che si riesce a mettere solo nelle lettere d'amore». Così scriveva Ernest Hemingway nel 1919 all'amico James Gamble, parole piene di affetto che l'autore di "Addio alle armi" e vincitore del Nobel per "Il vecchio e il mare" provava per il nostro Paese. Il 2 luglio ricorrono i 60 anni dalla sua scomparsa e per omaggiarlo ripercorriamo proprio quei luoghi che conobbe e che tanto ispirarono la sua creatività.
Hemingway arrivò in Italia per la prima volta nel 1917, poco più che adolescente, come volontario della Croce Rossa; venne mandato sul Piave, vicino a Fossalta, per distribuire generi di conforto ai soldati al fronte. Casa Botter, a Monastier di Treviso, era il suo alloggio ufficiale mentre la residenza delle ambulanze della Croce Rossa americana era Ca' Erizzo, un'elegante struttura del '400, più volte rifatta e abbellita, sul fiume Brenta, a Bassano del Grappa. Oggi in una parte della villa è stato allestito un museo con una ricca collezione di fotografie e di testimonianze sullo scrittore e sulla Grande Guerra. La notte tra l'8 e il 9 luglio del 1918 Hemingway venne colpito a entrambe le gambe dalle schegge di un mortaio austriaco; venne ricoverato a Villa Fiorita, residenza veneziana del XVII secolo a Monastier di Treviso, oggi elegante relais con un'esposizione permanente dedicata all'illustre ospite.
Trasferito all'ospedale americano di Milano, subì numerose operazioni e qui si innamorò dell'infermiera Agnes von Kurowsky; l'amore e l'esperienza della guerra ispirarono la trama di "Addio alle Armi", uno dei suoi romanzi più famosi. Nelle lettere agli amici raccontò spesso di Milano: i suoi posti preferiti erano il duomo, la galleria Vittorio Emanuele II e il teatro alla Scala. Ancora convalescente trascorse qualche giorno a Stresa, sul lago Maggiore, alloggiando al Grand Hotel des Iles Borromees nella camera 106, oggi chiamata "Hemingway suite". Vi tornò altre volte, firmandosi nel libro degli ospiti come "an old client", un vecchio cliente. Rientrò in America ma il suo lavoro di giornalista lo portò prima a Parigi nel 1921, dove si stabilì con la moglie Hadley Richardson, e poi di nuovo in Italia. Decise di tornarvi attraversando a piedi il passo del Gran San Bernardo: voleva recarsi sui luoghi della guerra, dove era stato ferito, ma la ricostruzione post bellica lo deluse. Di Fossalta, infatti, scrisse: «Una città ricostruita era molto più triste di una devastata. Era decisamente come entrare in un teatro vuoto dopo che il pubblico e gli attori erano andati via». Con la moglie visitò Vicenza, Schio, Rovereto, Trento e di nuovo Milano. Nel 1923 cominciò a frequentare la mondana Cortina, soggiornando all'Hotel Bellevue, come molte altre celebrità dell'epoca. Qualche anno dopo, prima di sposare la seconda moglie, Pauline Pfeiffer, fece un viaggio con l'amico Guy Hickok da Rapallo a San Marino e poi a Firenze, Rimini, Imola, Bologna, Parma, Piacenza e Genova.
Dopo un lungo periodo di assenza tornò in Italia nel 1948 con la quarta moglie, Mary Welsh. Insieme scelsero di vivere a Venezia, una città che ispirò profondamente la sua vena creativa.
D'inverno la coppia andava a Cortina per sciare e per le battute di caccia; qui Hemingway strinse una forte amicizia con Fernanda Pivano, che divenne poi la sua traduttrice. A Venezia lo scrittore divenne habitué dell'Harry's Bar: aveva un tavolo sempre riservato dove poteva scrivere e bere Martini dry o calici di Valpolicella che Giuseppe Cipriani, il titolare, gli aveva fatto conoscere e apprezzare. Ma la passione dello scrittore erano i cocktail, al punto che ne venne creato uno solo per lui, il "Montgomery". Soggiornava al sontuoso Gritti Palace Hotel dove spesso incontrava celebrità come Peggy Guggenheim, Elizabeth Taylor e Richard Burton. La suite presidenziale, dove era solito alloggiare, oggi porta il suo nome. In quegli anni amava frequentare anche la Locanda Cipriani dell'isola di Torcello: fu proprio qui che nel 1950 finì la stesura del romanzo "Di là dal fiume e tra gli alberi", ispirato alla magia lagunare di Venezia e all'amore travolgente per la diciottenne Adriana Ivancich, nobildonna veneta, cugina dei fratelli Kechler de Asarta che frequentava per le battute di pesca e caccia nella laguna di Caorle, dove era spesso ospite nella loro villa tra i pioppi.
Per brevi periodi nel 1952 visse nella località di Acciaroli, sulla costa del Cilento; viaggiò in Sicilia e nel 1953 andò ad Alassio, dove era solito frequentare il Caffè Roma. Era il 1954 quando arrivò a Lignano Sabbiadoro, la località delimitata dalle acque dell'Adriatico, della laguna di Marano e della foce del Tagliamento. Le foto dell'epoca ritraggono lo scrittore mentre si toglie la sabbia dalla scarpa nel suggestivo paesaggio lagunare. Qui Hemingway adorava andare a caccia di anatre selvatiche lungo il Tagliamento ed era affascinato dai canneti, dai casoni, dalle pinete selvagge e dagli isolotti. Chiamava questo luogo la "Florida italiana" che poi ritrasse in molti suoi romanzi. Oggi Lignano gli ha dedicato un Premio letterario internazionale e un parco, un'area verde di Pineta con mostre fotografiche permanenti e scritti sulla sua vita. C'è un altro luogo struggente, rimasto intatto come quando lo scrittore lo frequentava: è la "Bilancia di Bepi", una grande bilancia da pesca immersa nel verde smeraldo della laguna di Marano, alla foce del fiume Stella. Oggi è gestita da Daniele, nipote del Bepi, che ha conservato inalterato lo stile del cottage in legno; dalla bilancia, proprio come faceva Hemingway quando andava a caccia in laguna, si può partire per esplorarne i canneti, gli isolotti e le barene.
Nel 1959 Hemingway fece un ultimo viaggio in Italia con l'antropologo John Friedman. Si recò su consiglio della Pivano e di Carlo Levi in Lucania e in Puglia. Con l'amico visitarono Aliano, borgo incastonato nelle Dolomiti Lucane, Potenza e Matera e viaggiarono lungo il fiume Basento tra colline e paesaggi incontaminati.
«Vorrei essere seppellito lassù, lungo il Brenta, dove sorgono le grandi ville con i prati, i giardini, i platani, i cipressi».
Lo scrisse in un manoscritto ma in realtà, morto suicida nell'Idaho, da 60 anni Hemingway riposa nel cimitero di Ketchum.
Il profondo legame con l'Italia, tuttavia, resta immortalato nelle pagine delle sue opere. (ANSA).