ROMA - Uscire dall'ufficio a fine giornata di lavoro e passare una rilassante serata a pescare nel fiume o nel torrente sotto casa. Si chiama 'urban fishing", disciplina anglosassone che, nel rispetto delle normative anti-Covid, sta imponendosi in Italia grazie alla manutenzione idraulica svolta dai Consorzi di bonifica anche all'interno dei centri abitati.
Una pratica inventata dal restauratore fluviale britannico Theo Pike, autore del libro "Trout in dirty places", in cui indica 50 luoghi nel Regno Unito dove è possibile pescare le trote a pochi passi da un centro urbano. A praticarlo sono gli "streeters", in gran parte giovani, che si cimentano dalla pesca ultralight di pesci di media pezzatura, a sessioni più impegnative di grossi predatori ittici. Obbiettivo comune è dimostrare che i fiumi urbani non sono solo scarichi di liquami, ma luoghi da vivere.
E di esempi non ne mancano. Se Adria nel Polesine è la 'capitale' dell'urban fishing italiano, è il torrente Mugnone, che scorre a Firenze, l'immagine emblematica della metamorfosi operata dal Consorzio di bonifica 3 Medio Valdarno. Una 'manutenzione gentile', dove sistemazioni idrauliche hanno permesso di rallentare il flusso d'acqua proprio sotto i ponti, creando zone ombreggiate ideali per il rifugio e la riproduzione di pesci e anfibi, migliorando l'intero ecosistema.
"C'è ancora molto da fare, ma l'esperienza fiorentina dimostra che ci si può riuscire -, commenta il presidente dell'Anbi (l'associazione dei consorzi di bacino), Francesco Vincenzi -. E' indispensabile la collaborazione di tutti i soggetti che insistono sul corso d'acqua, ad iniziare dal contrasto agli scarichi abusivi".