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Presto "Carta delle bresaole" in menu operazione-trasparenza su origine carne

(ANSA) - ROMA - Salva-tempo, gustosa e amica della dieta in quanto il salume con minor contenuto di grassi. Sono le qualità riconosciute alla bresaola da otto italiani su dieci che negli ultimi 20 anni hanno spinto del 45% i consumi di questo salume tipico della Valtellina, in provincia di Sondrio. Asso nella manica quando si ha poco tempo ai fornelli - tempo che secondo dati Fipe (Federazione italiana Pubblici esercizi) si è praticamente dimezzato dall'ora del 1998 ai 37 minuti del 2018 - questa eccellenza Made in Italy piace, oltre che per la facilità di preparazione, per il gusto (35%), leggerezza (28%) e tradizione (20%), secondo una ricerca presentata da Rigamonti che, con un terzo della quota mercato, è il principale brand del comparto.

Dopo aver conquistato single e consumatori attenti al benessere a tavola, dalla Valtellina, la culla esclusiva di questa eccellenza a Indicazione geografica protetta, arriva ora l'invito-appello alla ristorazione per il lancio di una ''carta delle bresaole'' nel menu.

Si tratta, sottolinea il vicepresidente del Consorzio di tutela della Igp nonché Ad di Rigamonti, Claudio Palladi, ''di una rivoluzione nell'offerta ma anche nella valorizzazione di questa specialità. C'è una produzione con materie prime 100% italiane, frutto di un accordo con Coldiretti, ma è una nicchia perché non ci sono abbastanza capi bovini nell'area di produzione certificata. C'è poi una Bresaola Black Angus che è prodotta con carni di una delle razze bovine più antiche e pregiate di origine scozzese. E ci sono le carni in arrivo da altri paesi europei e soprattutto dal Brasile. Nella pezzatura la parte del leone la fa la punta d'anca, taglio più nobile che rimane più morbido, mentre la gran fesa è di calibro più grande. In totale sono cinque i tagli di carne utilizzati. Tutte hanno colore, gusto e marezzatura delle parti grasse diverse''.

La Bresaola, come il caffè e la pasta, vede l'Italia leader mondiale di mercato grazie a un know how dei produttori-trasformatori che seleziona carni bovine in Europa come in America Latina e un microclima che rende la Valtellina l'area più vocata per la stagionatura e produzione. ''Nessuno mangiava le bistecche brasiliane a inizi Novecento - racconta Emidio Rigamonti, figlio del fondatore dell'omonima azienda - per erano dure come un tavolo. Negli anni Settanta prendi il via un caso di scuola che ha saputo valorizzare questo tipologia di carne rivelatasi ideale invece per la trasformazione in bresaola e che vede oggi l'Italia prima al mondo per qualità e quantità.

Con un Consorzio di tutela della Bresaola Igp, avviato nel 1998, in continua crescita''. Si guarda con speranza all'apertura del mercato Usa: ''finora la Bresaola non si può esportare negli States e questo è una mancata opportunità'' ha lamentato Palladi che stima ''un vantaggio immediato delle vendite in crescita, in caso di via libera, almeno del 10%. Ma potrebbe raddoppiare il business per tutto il comparto''.

I produttori valtellinesi non utilizzano starter per l'avvio della stagionatura, ognuno ha le sue muffe che in 40 giorni di processo aiutano la carne a respirare e a perdere l'umidità. ''Nelle celle di stagionatura ogni bresaola perde mediamente il 50% del peso, - precisa Alessandro Valerio, responsabile qualità della Rigamonti - per questo chiamiamo la muffa 'il ladro in casa'. Ogni giorno ciascun pezzo perde un punto percentuale: in 40 giorni - 40%. Il budello è naturale come veniva fatto 150 anni fa''.

Misteriosa è invece l'etimologia del nome Bresaola, chi dice che derivi da Brisa, il braciere dell'affumicatura, chi da' Bre, il salgemma.

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