- ROMA - Bene la legge sul caporalato, ma nel documento normativo che individua gli indici di sfruttamento del lavoro non è stata fatta la dovuta distinzione tra reati gravi/gravissimi e violazioni anche solo meramente formali. Lo rileva la Cia-Agricoltori Italiani, che ha promosso un confronto a tutto tondo sul provvedimento, ad un anno dalla sua approvazione, con i tre ministeri coinvolti. ''Questo gap - ha spiegato il presidente nazionale Dino Scanavino - determina una totale discrezionalità da parte di chi è deputato all'applicazione della legge, in primis gli Ispettori del lavoro e, a un secondo livello, la stessa Magistratura, considerata la mole importante di contenzioso che presumibilmente si andrà a produrre''.
Secondo la Cia, piuttosto, gli aspetti penali dovrebbero concentrarsi sulla figura dell'intermediario che opera sia come soggetto fittiziamente proprietario di terreni e titolare di imprese oppure come soggetto che gestisce illegalmente il mercato del lavoro. ''Non si può mettere sullo stesso piano penale chi recluta e sfrutta la manodopera e chi commette un'infrazione amministrativa'', ha concluso Scanavino, nel ricordare che la quasi totalità degli agricoltori opera nella trasparenza, svolgendo un ruolo produttivo, sociale ed educativo centrale per il sistema Paese.