Un passaggio da una fase elastica a una inelastica, ossia con possibili fratturazioni: sono i cambiamenti della crosta della caldera dei Campi Flegrei identificati dalla ricerca pubblicata sulla rivista Nature e nata dalla collaborazione tra University College di Londra e dellIstituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. I dati indicano che il cambiamento osservato nella complessa dinamica della grande caldera potrebbe portare allo stop dei fenomeni di sollevamento del terreno e alla ripresa di una lenta subsidenza.
Lo studio ha spiegato Stefano Carlino dellOsservatorio Vesuviano dellIngv evidenza che, nonostante il livello del suolo raggiunto oggi sia superiore di oltre 10 centimetri a quello raggiunto durante la crisi bradisismica del 1984, la deformazione inelastica sta avvenendo con un livello di sforzo inferiore rispetto al 1984. Questo risultato suggerisce che, nel corso degli episodi di sollevamento della caldera dei decenni passati si sono progressivamente prodotte modifiche dello stato fisico della crosta.
Modifiche che non possono essere trascurate nello studio dellevoluzione futura, in una situazione attuale in cui si ritiene siano presenti fluidi (probabilmente anche magma e gas) in movimento a circa 3 chilometri di profondità.
Sin dagli anni 50 si sono registrati molti episodi di sollevamento del territorio dei Campi Flegrei e questo cambio di stato, da regime elastico e inelastico, potrebbe segnare un passaggio importante: persino uninversione delle dinamiche attuali. Nello scenario più critico ha osservato Nicola Alessandro Pino dellOsservatorio Vesuviano dellIngv la persistenza del regime inelastico potrebbe portare alla rapida fratturazione degli strati crostali più superficiali, con precursori che potrebbero essere meno intensi di quanto generalmente attesi in caso di risalita di magma. Tuttavia, la riattivazione progressiva e diffusa di fratture potrebbe causare la depressurizzazione del sistema idrotermale, con arresto del sollevamento del suolo e, quindi, la ripresa della lenta subsidenza.