Unarma a doppio taglio, che rende le cellule tumorali invisibili al sistema immunitario ma che potrebbe essere rivoltata contro il tumore stesso, è stata scoperta in una forma di cancro al seno: la chiave sta nella capacità di queste cellule di diventare fluide, e quindi più invasive, ma che allo stesso tempo le potrebbe rendere più suscettibili alle terapie.
La scoperta è di un gruppo internazionale di ricercatori guidati da Istituto Fondazione di Oncologia Molecolare (Ifom) e Università di Milano, con il sostegno di Fondazione Airc ed il contributo delle Università di Palermo e Perugia, di Istituto Europeo di Oncologia di Milano, Policlinico San Matteo di Pavia, Ospedale Cannizzaro di Catania e Policlinico Gemelli di Roma. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Materials.
Il carcinoma intraduttale mammario è responsabile di circa il 20% delle diagnosi di cancro al seno. Per circa il 70% di questi tumori non sarebbe necessario alcun tipo di intervento, in quanto spesso regrediscono spontaneamente, spiega Giorgio Scita dellUniversità di Milano, co-autore dello studio guidato da Emanuela Frittoli e Andrea Palamidessi di Ifom. Solo il 30% circa progredisce, dando luogo a metastasi. Il problema prosegue Scita è che ad oggi non ci sono strumenti per prevedere se una paziente rientrerà nel 30% o nel 70% dei casi.
Di conseguenza, tutte le pazienti a cui viene diagnosticato questo tipo di tumore sono sottoposte alla stessa terapia, subendo effetti collaterali che per la maggior parte di loro sarebbero evitabili. Adesso, i ricercatori hanno scoperto che la capacità delle cellule tumorali di passare dallo stato solido a quello liquido, più pericoloso, è segnalata dalla presenza della proteina RAB5A. Cercando questa molecola nei tessuti tumorali delle pazienti, sarà quindi possibile capire chi ha bisogno di cure specifiche e chi invece può evitarle.
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